23 Dicembre 2014 in Il tamburo di latta

Die Blechtrommel è un film diretto da Volker Schlöndorff, basato sull’omonimo romanzo di Günter Grass, vincitore della Palma d’oro come miglior film al 32º Festival di Cannes. Narrato in prima persona, con una trama che si sviluppa a cavallo di due guerre mondiali, ambientato nella Città Libera di Danzica dalla controversa, qui coesistono polacchi e tedeschi, il film si muove tra tensioni che colpiscono due popoli e l’ipocrisia di una famiglia piccolo borghese. Il film è lo sguardo critico ed allo stesso tempo cinico di un giovanissimo gedanese chiamato Oskar, la cui sfortuna è quella di nascere nel posto sbagliato al momento sbagliatissimo: classe 1924, il giovane, è condannato ad un’esistenza problematica.
Da subito lo spettatore si accorge del difficile rapporto con il presunto padre, degli impossibili contatti con i coetanei, di quelli amorosi e da un evento che lo segna a tal punto da rifiutarsi di crescere. Per Oskar lo scorrere del tempo significa solo una cosa: entrare in un mondo di cui non vuole far parte; per rimanere infante pianifica nel suo terzo compleanno un piano diabolico.

Oskar si ribella e decide di cadere dalle scale, l’evento lo condanna a vivere il resto della sua vita in un corpo da bambino mentre i suoi genitori si sentono in colpa per il gesto del piccolo. La causa di tutto va ricercata nel regalo paterno, un tamburo di latta. Battendo furiosamente sul tamburo Oskar trasmette allo spettatore il disagio, il disgusto degli anni che sta vivendo. Di bambino Oskar manterrà solo il corpo minuto, infatti in lui si svilupperanno i desideri tipici degli adulti, la libidine sessuale che in modo prepotente emerge nella seconda parte dell’opera ne è un esempio. Basso, con una voce acuta, pieno di problemi, asociale, il nostro piccolo protagonista gironzola quotidianamente i sobborghi di Danzica assieme al suo tamburo, il carattere irrequieto lo porta ad inimicarsi i bambini della zona che lo costringono a bere un bollito di rospi e urine. L’unico amico che ha è un venditore di giocattoli, un uomo battezzato cattolico ma dai familiari ebrei.

Sullo sfondo di una cittadina in cerca della propria identità e che in seguito all’annessione, nel 1939, alla Germania, si riverrà scissa in due, lo spettatore fa la conoscenza dei protagonisti dell’opera. Il padre aderisce al nazismo, pur non avendo chiare le basi ideologiche che lo muovono, si annulla e vede in Adolf Hitler una speranza, una luce ingannevole; la mamma di Oskar sposa il signor Matzerath solo per interessi, è disperata per la stranezza e la violenza innata del figlio e spesso frequenta delle pensioni da due soldi dove tradisce il marito. Rimarrà legata fino alla fine ad un suo cugino nonché (quasi sicuramente) padre di Oskar; ultimo ma non ultimo il Peter Pan riletto in chiave cinica, armato di tamburo, dalla voce in grado di far scoppiare i bicchieri. Questi sono i componenti della famiglia Matzerath, una famiglia piccolo borghese vittima e complice di quel che sta succedendo a Danzica nel periodo storico preso in esame.

Il film è duro, amaro, triste pur avendo un incipit divertente caratterizzato dal rocambolesco concepimento della madre di Oskar avvenuto mentre la nonna nasconde sotto l’enorme gonna un incendiario fuggiasco, inseguito dalla polizia, l’opera è caratterizzata dalla tristezza, dal dramma quando non si tocca il surreale e il grottesco (i nani nelle uniformi delle SS) e dal simbolismo pronunciato. Prendiamo la figura della nonna così generosa e pacifica, è l’unica figura positiva all’interno dell’opera. Ella è il simbolo di una Polonia rurale, semplice, di una civiltà sana che non esiste più. Oppure prendiamo il dono paterno, è il tamburo di latta che muove il protagonista verso quella decisione drastica. Inoltre il tamburo è un regalo pianificato sin dal concepimento di Oskar.
Il padre, l’autorità, decide il regalo per il figlio e decide quanto dovrà crescere di anno in anno (altro motivo per cui Oskar deciderà di non crescere più); i nani nelle uniformi delle SS sembrano invece quasi voler distruggere l’idea dell’oltre-uomo; il simbolismo torna nella seconda parte, l’incontro fra Maria ed il padre di Oskar può essere interpretato come l’incontro fra la Germania Nazista e l’Italia Fascista. Pur non definendo Oskar una vittima non mi sentirei di colpevolizzarlo di essere un complice in quello che avviene nell’opera. Maturo e disincantato, acido e “diverso”, Oskar attraversa il declino della Germania tra bombe e svastiche, fino al triste, allegorico finale. Dotato di un’intelligenza superiore e cinica, Oskar racconta la sua storia personale e familiare, intrecciata con quella del Nazismo.

Oskar sarà indirettamente responsabile di una serie di eventi, è un adulto-bambino privato della sua purezza, che non è troppo dentro, ma neppure fuori dal Nazismo ma che riesce a denunciare il diffondersi della piaga del Nazismo. L’orrore dell’Europa in fiamme (le bombe, lo sterminio degli ebrei, lo squallore degli artisti asserviti al regime), il degrado della Germania del dopo-guerra che piange inconsolabilmente le sue colpe e muore, Il Tamburo di Latta è tutto questo e forse qualcosa di più.

DonMax

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