Vacuità, il tuo nome è Diarchia. / 16 Maggio 2014 in Diarchia

Qualcuno mi spieghi, per favore, il senso di questo patinato cortometraggio.
Non tanto quello relativo alla sua risoluzione narrativa, invero comunque astratta e priva di un senso propriamente detto, quanto quello legato alla sua realizzazione.
Un’opera cinematografica non deve essere necessariamente giustificata, può esistere in quanto tale, in quanto espressione artistica, intendiamoci, ma questa messa in scena dal sapore élitario che, vista la location ed il cast, fa subodorare ingenti investimenti economici senza raggiungere alcuno scopo evidente mi ha lasciata quantomai perplessa.
La locandina, poi, per quanto evocativa ed elegante, richiama un morboso intreccio inesistente, ipotizzabile, forse, ma che di certo ha scarsa relazione con gli effettivi venti minuti di montaggio. Tutto, dalla lingua, il francese, adottato per i dialoghi alla composizione di questa immagine, che tanto richiama le atmosfere di The Dreamers di Bertolucci, sembra studiato in funzione di Louis Garrel: perché?
Inconcludente.

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