9 Recensioni su

Due giorni, una notte

/ 20146.8115 voti

Combattente / 23 Novembre 2016 in Due giorni, una notte

“È una regola che vale in tutto l’universo / chi non lotta per qualcosa ha già comunque perso / e anche se il mondo può far male / non ho mai smesso di lottare” (canta la Mannoia ma sta a pennello su Sandra!)

Il male minore / 22 Maggio 2016 in Due giorni, una notte

I fratelli Dardenne ruotano ,attorno ad una vicenda (in)usuale, un percorso chiaro: qual’è il male minore tra licenziare ingiustamente una lavoratrice per aumentare il salario degli altri … Il singolo o il complesso? E’ una domanda che, alla fine, ha un chiaro epilogo.
La pellicola regge sempre, soprattutto merito dell’ottima interpretazione della Cotillard che avrebbe potuto vincere magari un premio …

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21 Agosto 2015 in Due giorni, una notte

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Film dall’argomento attualissimo che oltre alla precarietà del lavoro mette in risalto il rapporto tra gli operai della piccola azienda, tra solidarietà, egoismi e lotta tra poveri.
Bellissima la scena finale dove il proprietario alla fine propone a Sandra un reintegro fra un paio di mesi al posto di un collega a cui non verrà rinnovato il contratto perchè ha visto che il lavoro che prima veniva fatto in 17 adesso può essere fatto in 16. La protagonista risponde che non lavorerà al costo del licenziamento di un collega, il proprietario risponde che non verrà licenziato ma non riconfermato. La donna ribadisce che è la stessa cosa, il padrone no, a ribadire la distanza che si crea tra la vita reale (dove essere licenziati o non riconfermati significano che non si prenderà lo stipendio comunque) e il burocratese dietro cui si nascondono i dirigenti in questi casi.
Le etnie di provenienza degli operai sono le più diverse ma il senso di insicurezza profonda accomuna tutti.
Alla fine il film lascia un briciolo di speranza nel sorriso della protagonista, nella consapevolezza di aver fatto tutto il possibile e di essersi comportata con dignità.

Una piccola perplessità sulla scena del tentato suicidio, che nell’economia del film ha un peso assolutamente nullo.
Oltretutto una persona che tenta il suicidio non esce dall’ospedale in giornata senza parlare prima con psicologo e psichiatra. Poi dopo aver mandato giù tutto quello Xanax e una lavanda gastrica non è che si abbia molta forza per andare in giro come fa lei. Probabilmente una scena che si poteva benissimo eliminare.
Credo solo un tentativo di rendere più drammatica la narrazione, a discapito della credibilità.

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4 Marzo 2015 in Due giorni, una notte

Sandra ha perso il lavoro per una scelta aziendale totalmente ingiusta.
Ha un weekend per poter convincere i suoi colleghi a ribellarsi contro questa assurdità. Essi dovranno rifiutare 1000 € di bonus promessi per farla riassumere. Una guerra non facile da vincere.
Un film dove la parola “dignità” è in più riprese destinata a soccombere per poi riemergere.
Lei (Marion Cotillard) è veramente bravissima (oltre che bella…) nel rappresentare questa donna disperata per un qualcosa più grosso di lei.
Si dispera… Lotta… Poi crolla… Ma non si da per vinta…
Una battaglia oltre che contro l’ingiustizia anche contro se stessa e la sua forza di reagire.
Il detto MI PIEGO MA NON MI SPEZZO si sposa perfettamente.
Bello…
Ad maiora!

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22 Febbraio 2015 in Due giorni, una notte

Il film dei Dardenne è il semplice racconto dei due giorni in cui Sandra bussa porta per porta chiedendo ai colleghi di lavoro di salvarle il posto di lavoro piuttosto che votare per un bonus personale. L’idea è piuttosto scarna, ma molto incisiva e ben trattata. La protagonista è interpretata da Marion Cotillard, pallida, con gli occhi spenti, depressa e contratta in ogni singolo muscolo corporeo. La sua performance è talmente buona che senti insieme a lei l’imbarazzo, la vergogna ancor meglio, di elemosinare alle persona la sua stessa salvezza; empaticamente il suo personaggio ha funzionato perfettamente con me, fino al finale difficile, realistico o meno sulla base delle proprie convinzioni. Ci sono stati comunque molto piccoli momenti carini, in cui un semplice sorriso accompagnato da una canzone (colonna sonora essenziale e ben usata) illuminava un film girato sempre sotto il sole estivo, ma molto buio e scenograficamente divisivo, dato che Sandra parla con persone che sono separate da lei anche dal semplice spigolo di un muro. Un film riflessivo e moderno.

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Deux jours, une nuit / 24 Gennaio 2015 in Due giorni, una notte

Un film che spazia sul fronte dell’importanza del sostegno economico lavorativo e cerca di porre il più semplice dei messaggi: quello sull’essere solidali gli uni con gli altri. Tremendamente attuale, terribilmente realistico. Con una brava Marion Cotillard.

3 Dicembre 2014 in Due giorni, una notte

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Servono a segnare il tempo a disposizione di Sandra. Ha un marito incrollabile, che gira hamburger, due figli, un mutuo, una depressione (perché?) alle spalle, e nell’azienda dove lavora hanno visto mentre non c’era che potevano di lei fare a meno. Il capo ha detto “o teniamo Sandra o vi do 1000 euro a testa”. Ora lei deve convincere quelli che alla prima votazione le avevano votato contro a votare per. Ovviamente la base di partenza di un depresso non è normale, sgranocchia xanax come fossero nachos (xachos!), ci credo che hai un po’ sonno. Ma sono le forze mentali più che quelle fisiche, ad abbandonarla, e il marito e gli eventi la spingono e rialzano a ripetizione. Vien fuori un percorso oscillatorio e a tappe, dove ogni tappa è uno dei sedici colleghi (che poi: se in 16 hanno 1000 di bonus, non si capisce perché la si debba licenziare, basta non dare il bonus per fare uno stipendio. L’unica spiegazione è che il padrone sia stronzo, e ci sta). I Dardenne proseguono un prescelto percorso di ricerca sociale e nel sociale, con la camera a seguire vite di poveri costretti a una guerra a bassa intensità, sostanzialmente tra loro, da un sistema che soffoca senza che sia colpa di nessuno, e ancora devi dire grazie. Tutti le possono rispondere, e lo fanno, “prova a metterti nei miei panni”, solo che quelli di lei sono molto peggio. Ma non c’è pietà che tenga, quando si tirastentavanti, e i vari tipi di persone che incontra, multietnici e diversi, convivono con la vergogna di sopravvivere schiacciando qualcun altro. Che è la stessa cosa che facciamo noi, solo che qui il nervo, la scelta, è scoperta ed esplicita. La Cotillard, tra le attrici più gnocche, è ingobbita e frignona e eccezionale, nella sua lotta contro la voglia di abbandonare ogni speranza e spegnersi nel letto e soprattutto nei momenti di speranza, quelli disseminati nel film più ancora che nel finale, accennati con gioco di sguardi e musica. Sullo sfondo, la Belgica, Seraing che era il villaggio dall’altro lato della collina rispetto a dove andavo a mangiare le lasagne alla domenica e i giallo-bus della TEC <3

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La crisi uccide la solidarietà ? / 24 Novembre 2014 in Due giorni, una notte

Un film sulla guerra fra poveri che la crisi economica ha contribuito a far scoppiare in europa. Si potrebbero dare molte interpretazioni a questo film che da una parte può essere visto come la ricerca di una compassione e solidarietà che ormai non fa parte della maggioranza delle persone. Oppure come un’accusa verso una politica che non ha saputo governare questa crisi lasciandola colpire le fasce più deboli della popolazione. Il film è ambientato in Francia ma potrebbe essere tranquillamente svolgersi in Italia o in Grecia o in Spagna. Il finale lascia comunque uno spiraglio alla speranza che ancora esistano persone in grado di sapere che significa la propria dignità e che questa non si può comprare con i denari. Un aspetto puramente tecnico: uno dei rari film senza alcuna colonna sonora.

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14 Novembre 2014 in Due giorni, una notte

A quanto pare, e non solo nel cinema italiano più recente, l’importanza etica, morale e sociale trattata nei film è considerata materiale di facile fruizione: quasi una “condicio sine qua non” si possa verificare l’atto cinematografico di denuncia o di conforto in un’epoca dominata dalla crisi. Ma in “Due giorni, una notte” i fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne non tengono conto del fatto che questa importanza non sia però di per sé sufficiente, laddove il tema venga poi sviluppato senza un minimo di incoraggiamento empatico. “Due giorni, una notte”, infatti, si circoscrive e si devitalizza in un racconto dall’andamento piatto, e neanche troppo documentaristico, sulla storia di Sandra: una donna in preda alla depressione che, spinta dal marito Manu, si reca a bussare alla porta dei suoi colleghi allo scopo di suscitare compassione in ognuno di loro.

Tra reazioni talvolta esitanti, talvolta aspre e talvolta solidali, il film raggiunge un esito fra i più scontati. La protagonista, interpretata da una Marion Cotillard evidentemente (e a suo rischio) sempre più assuefatta a ruoli caratterizzati da una diffusa tristezza, offre un punto di vista sulla situazione improntato verso un’unica direzione e si trascina faticosamente per un’ora e mezza di durata: tale è l’infinito peregrinare di questa povera “Rosetta”, tra pianti ripetuti e reiterati, mentre l’unico momento veramente critico è rappresentato dal tentativo di suicidio di Sandra. I Dardenne danno modo di pensare che in tal modo sia più facile trasmettere il loro bizzarro senso di solidarietà, piuttosto che svilupparlo in una maniera più vicina alla realtà, esprimendo anche l’energia richiesta da un dissesto come questo, declinato invece in una chiave tutt’altro che politica.

I registi finiscono così per rendere fin da subito vittima la propria “eroina”, sempre fragile quasi a volersi accattivare il pubblico, e che si riscatterà con una soluzione nella quale conta non tanto l’effetto, quanto il gesto. Sandra recupera sì una sua necessaria dimensione di dignità, ma al prezzo di una pellicola che va elemosinando senza sincerità l’empatia dello spettatore, stantia nel suo fondo di irritante opportunismo. Per stimolare, coinvolgere, emozionare e far sentire rappresentato il proprio pubblico c’è bisogno di qualcosa di più profondo, non blando: di un racconto in grado di analizzare temi portanti della contemporaneità e strettamente collegati ad una realtà non troppo lontana dalla nostra.

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