Recensione su Detroit

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Un film paradossale / 10 Gennaio 2022 in Detroit

Detroit è girato tutto con la camera a mano; le immagini perpetuamente traballanti dovrebbero aumentare il coinvolgimento nell’azione, eppure il risultato paradossale è che lo spettatore si sente spesso distaccato. C’è infatti nel film qualcosa di artificioso, come se lo stile pseudo-documentaristico mettesse ancora più in evidenza che questo non è ovviamente un vero documentario. Può esserci anche qualche altro motivo – forse un distanziamento inconscio dello spettatore dalle scene più violente, quasi una derealizzazione; forse l’ambiente chiuso del motel dove si svolge la parte centrale del film, in cui si percepisce a tratti una vaga qualità teatrale della messa in scena.

Il momento migliore del film è quello che precede immediatamente la tragedia, quando i protagonisti si trovano riuniti nel Motel Algiers. Bigelow riesce a comunicare in queste scene un senso profondo e naturale di vitalità, come se i personaggi emanassero una luminosità autonoma. Il contrasto con l’orrore che segue – anche cinematograficamente meno felice – non potrebbe essere più netto.

La parte finale, con gli eventi successivi alla notte nel motel, è invece sfilacciata e poco interessante. Un altro punto debole è rappresentato dall’interpretazione di John Boyega, inspiegabilmente lodata dalla critica. La maschera pressoché imperturbabile dell’attore non rende infatti la minima giustizia alla complessità del personaggio di Melvin Dismukes, una guardia giurata che si trova ambiguamente sospesa tra i due mondi della sua gente e di un sistema poliziesco razzista.

Malgrado tutto il film rimane comunque un’opera notevole, che sembra agire nel profondo di chi la guarda, e che conferma le grandissime doti della sua regista. Le persone più impressionabili faranno tuttavia bene ad astenersi dalla visione, a causa di alcune scene decisamente crude.

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