Recensione su The Long Game: Bigger Than Basketball

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No holes, ho Holocaust / 23 Novembre 2016 in The Long Game: Bigger Than Basketball

Una bellissima sorpresa, un film condotto con grande abilità registica (considerato anche che il regista, Mick Jackson, è lo stesso di Bodyguard con Kevin Costner!) e sorretto dalle splendide interpretazioni di Rachel Weisz, Tom Wilkinson e Timothy Spall, perfetto nel ruolo del professore negazionista. Quest’ultimo credo sia in un ruolo talmente urticante e scomodo che non avranno il coraggio di candidarlo all’Oscar, a scanso di equivoci. Questo professor Irving è un personaggio reale e rappresenta il lato peggiore della teoria negazionista; è uno storico stimato, carismatico, ha una personalità che arrivi perfino a definire simpatica, non ha nulla dello stereotipo neonazista, invece è peggio di una me**a che si appiccica sotto le scarpe.
L’assunto della vicenda giudiziari al centro del film, che in effetti è un puro legal ambientato in aula, è quello di confutare o confermare la presenza dei buchi nel soffitto dai quali i nazisti gettavano lo ziklon-b per gasare i prigionieri (“No holes, no Holocaust”, titolavano i giornali).
Oltre a essere davvero ben fatto, il film di Jackson è una bella spallata allo strisciante antisemitismo e soprattutto al negazionismo storico, tanto più importante perchè la storia che racconta è fortemente ancorata alla verità dei fatti ed è liberata (con estrema difficoltà, chiaramente) da ogni naturale sentimento di rabbia, sgomento, dolore assurdo che deriva all’Olocausto.
Memorabile la sequenza ad Auschwitz – desolata, nebbiosa e vuota – in cui si scontrano la visione coinvolta ed emotiva della professoressa Lipstadt con quella fermamente giuridica dell’avvocato Rampton.

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