Recensione su Il nastro bianco

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Haneke non è Bergman: ma quanto gli somiglia! / 25 Giugno 2012 in Il nastro bianco

Un capolavoro.Haneke tenta di rivoluzionare le regole del cinema moderno,facendo scuola di stile e raccontando un qualcosa di complesso ed estremamente affascinante.Haneke continua la sua analisi sul conflitto della relazione tra uomini e donne(come in “La pianista”) e in questo caso,anche bambini.Anno 1913,in un villaggio della Germania,fortemente religioso e di una monotonia che segna lo stile del regista,avvengono fatti strani ed inquietanti:Un attentato ad un medico,alcuni fatti accaduti a dei ragazzi,una serie di omicidi.Al centro del film ci sono i bambini:Tra modelli più o meno logici da seguire,la gioventù tedesca del pre-conflitto bellico,si presenta come una spungna,che assorbe,assorbe e assorbe la violenza del potere,e quando la fa evadere compie atti impossibili per molti,agli occhi dei bambini.In un b/n che ricorda “Sussurri e Grida” di Bergman,Haneke non è interessato alla sovraesposizione del male nelle sue forme del conflitto,ovvero nel capire chi o cosa compia quelle azioni,ma bensì a fotografare una comunità di devastante realtà in quel periodo.Vediamo anche che,quando il medico del villaggio ipotizza che i bambini siano i responsabili degli inquietanti fatti,viene etichettato come folle dal pastore del paese.Questa scena è probabilmente la migliore del film perchè indica il devastante rifiuto alla realtà dell’uomo,che non riesce ad accettare che (forse) i suoi figli,i figli del suo vicino,degli altri nel paese siano responsabili di atti talmente crudeli,poichè vorrebbe dire ammettere di non averli educati nel giusto modo.Il film è tutto un flashback del racconto di un vecchietto,presente nel villaggio,che non si prende resonsabilità sulla realtà del mistero(“Non so se la storia che voglio raccontarvi corrisponda o no al reale”) e narra con calma piatta una storia tutta incentrata sulla comunità in stile “DogVille”,e non su un mistero bergmaniano.Anche se gli echi a Bergman non sono pochi:Oltre al b/n che lo ricorda vivamente,lo sviluppo dei bambini come potenziali colpevoli e la figura della donna maltrattata,sono di puro spunto bergmaniano.Il film ha meritatamente vinto la Palma D’Oro a Cannes nel 2009,oltre che il Golden Globe come Film Straniero.Notevole anche il fondamento dei crimini:Il figlio di un barone viene seviziato; la finestra della camera di un bambino viene lasciata aperta e questo rischia di morire; scoppia un incendio nel fienile del; ed un altro bambino viene torturato.Probabilmente bisognerebbe arlare della piena educazione dell’autore del film,nel ricreare una comunità difficile e meschina,in cui l’educazione dei bambini viene espiata tramite una serie di punizione temporale.”Il nastro bianco” è un titolo indicativo:Il nastro bianco era un nastro che si legava al braccio o ai capelli e che indicava l’innocenza del bambino,fino all’età adulta.Lo sguardo incuriosito e attento dei bambini,che scruta ogni minimo soffio di vento,in un clima di desolante attesa che riesce a conquistare,ad avvincere,ma anche a colpire lo spettatore dritto al cuore.Sono i classici pizzicotti di Haneke a dare uno sviluppo eclatante alla vicenda,altrimenti priva di ogni mordente.Meno “Funny Games” e più “La pianista”,anche se ricorda Bergman e Von Trier,piazzandosi ad un livello intermedio di straordinaria vitalità.La voce off non è invadente nè rischia di portarsi addosso antipatie nel percorso,poichè la storia non può esistere.Tutto sembra un sogno straordinario,in cui essere trasportati grazie ad un Haneke che si fa vittima e carnefice.Invece di essere,come sembrerebbe un film neo-neo realista,è un esperimento di cinema onirico,oltre che un cult assoluto.E scusate se è poco.

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