Recensione su Crimes of the Future

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Arte vacua / 19 Dicembre 2022 in Crimes of the Future

In Crimes of the Future (nulla in comune con l’omonimo film del 1970, se non il titolo) assistiamo a una performance artistica singolare, in cui la performer rimuove organi sovrannumerari al suo partner. È una vista disgustosa, ma che accompagnata dal gergo adatto pretende di essere stata trasformata in arte, secondo l’equivoco molto diffuso per cui qualsiasi cosa – non importa quanto banale o appunto disgustosa – può diventare arte se ammantata di un significato estrinseco.

Cronenberg sembra a tratti consapevole dell’inganno alla base di questa operazione: la stessa performer osserva con acutezza “noi creiamo significato dalla vacuità”; ma alla fine il film si adegua allo stesso meccanismo: non è denuncia di un’arte vacua, ma arte vacua esso stesso, con una sfilza di immagini stomachevoli o grottesche o ridicole che dovrebbero transustanziarsi in opera di valore solo in virtù di un continuo parlarsi addosso. Nel futuro di Crimes of the Future tutti gli edifici sono invariabilmente délabrées; quasi tutti i personaggi mangiano di continuo cose inappropriate o in momenti inappropriati, magari usando una “sedia colazionista” (forse l’invenzione peggiore del film); l’evoluzione impazzita (!) ha fatto sparire senza un motivo e dall’oggi al domani il dolore e le infezioni – convenientemente per le continue operazioni chirurgiche effettuate da dilettanti; il protagonista se ne va in giro intabarrato in un caffettano in stile tuareg, con maniche troppo lunghe, e quando gli chiedono perché risponde con un sublime “Sento freddo”. Tutto questo mostrato senza la benché minima ironia, punteggiato qua e là da qualche nudità gratuita, e immerso in una trama spesso incomprensibile.

Viggo Mortensen tira fuori la sua vena bizzarra, mentre Kristen Stewart indossa i panni – credo nuovi per lei – di un’esaltata insicura. Léa Seydoux riesce nell’impresa di restare seria e di non scappare dal set fino alla fine del film.

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