Recensione su Congo

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8 Febbraio 2013

Come quasi sempre accade, il film non è all’altezza del romanzo.
La Travicom è una multinazionale, eppure ha bisogno di Elliot per passare il confine.
Cambiano i nomi, perché secondo gli sceneggiatori (pensiero apparentemente molto in voga) il pubblico è idiota. Nel romanzo, il nome della società è ERTS, ma ‘Travicom’ forse gli suonava meglio. Il soldato che guida la spedizione nella giungla si dovrebbe chiamare Charles Munro, il cui cognome dovrebbe suggerire la sua appartenenza a quella terra. E invece no, in questo film viene americanizzato, perché più figo: Charles Monroe – parente di Marilyn?
Non solo la Travicom si fa aiutare da Elliot senza pagargli alcunché, ma interviene anche un buffo personaggio del tutto assente nel libro, tale Herkermer Homolka, filantropo rumeno che gira il mondo per fare del bene; per Elliot, il problema soldi è risolto. Ovviamente, Herkermer ha in mente ben altro; desidera trovare la Città perduta di Zinj e mettere a sua volta le mani sui diamanti che vi si trovano.
Zinj perde quasi tutto il suo fascino, diventa mera scenografia per le vicissitudini dei protagonisti. Questi ultimi, neanche bene interpretati.
Dylan Walsh, alias Peter Elliot, è un volto noto, già visto nella serie televisiva Nip/Tuck nel ruolo del dottor McNamara. Dovrebbe saperci fare, e invece è monoespressivo. Per le frasi “Non voglio morireee!” e “Buon giorno, mi chiamo Peter Elliot”, utilizza la medesima espressione. Stesso dicasi per Laura Linney, alias Karen Ross della Travicom.
Inaspettatamente, Tim Curry (Homolka) è bravissimo, così come il suo doppiatore (Eugenio Marinelli).
Capisco che per il 1995 la realizzazione di gorilla in movimento non dovesse essere facile, ma ce l’hanno fatta benissimo. Niente pupazzoni di quart’ordine, ma solo ghigni feroci e credibili. Quindi l’anno di produzione non è una scusante per giustificare il personaggio di Amy. Amy è una gorilla congolese, quindi non dovrebbe essere diversa dagli altri. Tuttavia, siccome il pubblico è sempre formato da idioti ciechi e tutto sommato un po’ tonti, si è preferito dotarla di un sorriso beota e trascendentale, così è possibile comprendere al meglio che quella sorridente è la protagonista; il fatto che parlasse non lo faceva mica capire.
La scena più stupida di tutte è il primo incontro tra Elliot e un gorilla indigeno, che gli corre incontro con estrema ferocia. Sapendo tutto dei gorilla, il dottore abbassa la testa e non lo guarda, così quello va via. Ora, cosa accade in quei cinque, adrenalinici secondi di ripresa? Succede che Dylan Walsh suda, ma non come dovrebbe normalmente sudare un essere umano: lui suda una seconda laguna veneziana, e in tempi da record. Una fontana zampillante e colante. Rivoltante.
Inoltre anche un altro personaggio è stato inventato di sana pianta, cioè il fantomatico Richard, assistente di Elliot. Non solo costui riesce a essere ancor meno espressivo dei suoi colleghi (impresa non facile), ma presenta delle occhiaie come occhio umano non ne ha mai viste, se mi si passa il gioco di parole. Alla sua entrata in scena, ho pensato: “Ecco il fattone.”
La trama è passabile, ma per il resto è un film noiosetto: molto meglio leggere il romanzo.

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