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Come Dio comanda

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Si poteva fare di più?!?! / 3 Marzo 2016 in Come Dio comanda

Un’ottima idea, però realizzata solo per metà… secondo me il carattere dei personaggi doveva essere descritto maggiormente e di conseguenza serviva un film di due ore almeno… la parte centrale è un po confusionaria, ma tutto sommato è un film che si lascia guardare tranquillamente. Certo, guardando il regista e pensando ai suoi lavori passati mi sarei aspettato qualcosina in più…

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31 Luglio 2013 in Come Dio comanda

No. Abbiamo capito: Ammaniti non è roba mia. Mai letto nulla, ma se “Io non ho paura” e “Come Dio comanda”, da film, non mi sono proprio piaciuti, si vede che c’è qualche problema nella materia prima.
L’ultima opera Salvatores-Ammaniti mi ha colpito solo per i suoi sbagli. E’ un film colmo di inverosimiglianze ( l’iPod esce vivo da una colluttazione e dalla pioggia a catinelle e “suona quella canzone” e c’è anche chi scende dai motorini senza mettere i cavalletti), coincidenze (ah questi tunnel in ristrutturazione!) , azioni senza senso (cammino in ospedale con la pistola in mano e nessuno ci fa caso). A ciò si aggiunge una recitazione sottolivello di attori da cui non te lo aspetti: Filippo Timi, col vocione e la battuta sempre concitata e sbrigativa; Elio Germano matto sopra le righe; ragazzine stereotipate e il ragazzo che interpreta il figlio salvato solo da un paio d’occhi espressivi.
Così cupo e buio, con una fotografia diurna bella, ma terribilmente spenta per metà film, cioè quella metà del film che avviene di notte, intervallato costantemente da un tema post-rock irritante e ripetitivo e dalla canzone icona, “She’s the One” di Williams ( di meglio no eh? :/) , la sceneggiatura non si preoccupa minimamente di fornire un background psicologico a nessuno dei personaggi e di approfondire un minimo la questione razzista, quella dell’affido, quella familiare. Ci sono due personaggi cattivi e squallidi, un matto che spara 10 volte in casa e nessuno lo sente, e un lieto fine (?) con lacrimuccia, per i cuoricini più dolci.
Per quanto possa essere bravo alla regia Salvatores, mi rimarrà sempre il dubbio: è colpa del libro? E’ colpa della sceneggiatura? Di entrambi?

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8 Novembre 2012 in Come Dio comanda

Al di sotto delle attese. La trama è un pò scontata, anche se è vero che il perno del film è il contrastato rapporto tra un padre e un figlio. A tratti parossistico (soprattutto la scena del funerale..), sembra voler pretendere molto ma non riesce a lasciare un segno deciso. La sceneggiatura cerca di riempire gli spazi, forse anche dove non necessario…
Buona la regia, anche se l’universo colorato di Salvatores si ridimensiona decisamente in una specie di microcosmo cupo, gelido e piovoso, quello di un paesino ai piedi delle montagne friulane, perennemente bagnato dalla pioggia e immerso nella notte.
Bravi gli interpreti (Timi e Germano ma anche i giovani protagonisti e De Luigi).

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4 Marzo 2011 in Come Dio comanda

Deludente. Esile nella trama, quasi impalpabile, tanto da non riuscire a capire il centro, il perchè del film, quale natura abbiano i protagonisti, cosa li muova veramente.
In più l’uso delle musiche è direi fra il banale e il molesto, accelera il ritmo e aumenta l’audio quando le scene si fanno concitate. Il montaggio è stanco, incapace di porre parallelismi e legare le due vicende che inevitabilmente si annodano.
Certo la mano di Salvatores in altri ambiti è solida, belle molte scene in cui domina un buio e un umido sporco, quasi vischioso, ma per me non basta.

Il film gira attorno a tre persone completamente avulse dal contesto sociale.
La disapprovazione non la si sente, la si presuppone negli spettatori, ma il razzismo di Timi è addirittura il collante della nostra nazione che si riconosce largamente in quelle posizioni (le due paroline sul posto di lavoro sono nulla rispetto a cosa si sente sugli autobus e sulle nostre strade), la violenza è gratuita, ma tutta diretta a salvare i deboli (infatti Timi inorridisce di fronte all’omicidio dell’amico), e il tutto senza nessuna argomentazione.

Il danno del film è questa sua incapacità di essere profondo, di indagare le complessità che potrebbero sorgere da questo uomo chiuso dentro una ideologia dello scontro, dell’odio, della difesa contro tutti. E trovo che tutto sia appena accennato, come se in fondo il film non sapesse come affrontare oltre il discorso
Non sono dalla parte del mostrare tutto, per carità, ma la diversità dal codice sociale è davvero presunta, per lo meno per il razzismo e il fascismo di Timi, il primo condiviso dai più, il secondo che rientra nell’ambito della libertà di espressione e di pensiero degli individui (l’assistente sociale non contesta mai la svastica sul muro, ma guarda alla solidità economica del padre) . Io mi spingo a dire che la vera diversità è quella economica e lo è sempre, si smette di essere diversi quando si comincia ad essere ricchi, benestanti, il vero solco sociale, non solo nel film, è quello, il denaro.E il rapporto padre figlio è anch’esso poco indagato, la violenza verso l’esterno non è antitetico alla dolcezza nel privato, perchè dovrebbe?, ma la convivenza in questo individuo di due aspetti così diversi cosa produce in soldoni, nulla nel film, è un dato di fatto che io accetto e che però mi porta a dire all’interno del film “Embè?”

Non mi ha convinto in nulla, anche nel personaggio di quattro formaggi, che si fagocita mezzo film senza una reale connessione con il resto se non appunto il meccanismo di innesco del salvataggio del padre da parte del figlio, un gesto che io ritengo assolutamente scontato, l’amore travalica ogni cosa ovviamente.

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17 Febbraio 2011 in Come Dio comanda

Ai piedi delle alpi friulane una famiglia sui generis vive di rabbia ed emarginazione: sono Rino Zena (Filippo Timi), giovane padre attaccabrighe e nazista, e suo figlio, Cristiano (Alvaro Caleca), un adolescente allevato all’insegna del disprezzo verso il mondo esterno, legato al padre da un amore esclusivo e passionale; ai due si affianca un terzo componente, Quattroformaggi (Elio Germano), ex collega di Rino diventato matto dopo un incidente sul lavoro. Sono personaggi malvagi ed innocenti insieme, indotti al male da povertà, disoccupazione, ignoranza.

La precaria situazione precipita in una notte di freddo, pioggia e fango, quasi a compiere il destino dei tre: tutto avviene come da manuale, in modo fin troppo prevedibile ed esasperato, e l’angoscia monta di fronte all’inevitabile tragedia, nella speranza che capiti qualcosa che la scongiuri.

L’interpretazione del cast è eccezionale, anche se Germano a mio parere è stato più convincente in altri film. Filippo Timi e l’esordiente Caleca sono davvero bravi. Una nota di merito va anche a Fabio De Luigi per la prima volta in un ruolo non comico, nei panni dell’assistente sociale. Ottima regia, indubitabile, e fotografia intensa, che riesce a dare al paesaggio quella dimensione astratta, tra cave di pietra, legnaie, lande desolate, anonime villette e generici centri commerciali.

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