Recensione su Colossal

/ 20176.156 voti

Monsters and co. / 24 Agosto 2017 in Colossal

Con Colossal, Vigalondo ha tentato il salto internazionale definitivo, imbastendo un film che ha un piede negli Stati Uniti (in realtà, le riprese sono state fatte in Canada) e un altro in Oriente. Anche se l’ambientazione asiatica scelta non è il Giappone ma la Corea del Sud, la presenza di kaiju e robottone non può non far pensare al Sol Levante, con tutte le implicazioni mediatiche del caso, Godzilla in primis.
Nonostante questo, siamo ben lontani non solo dalla saga del lucertolone della Toho, ma anche da film come Pacific Rim di Del Toro o il ciclo dei Transformers di Bay.

Vigalondo usa un elemento di origine “esotica” del cinema di genere sci-fi e disaster (i “mostri” giganti nati nel Secondo Dopoguerra, frutto della corsa al nucleare) per arricchire in maniera folle una “normale” storia di gelosia e vendetta, coi piedi ben piantati in importanti implicazioni psicologiche.

Il risultato è decisamente curioso. Secondo me, il film non è pienamente riuscito, zoppica un po’, soprattutto nei tempi (ci sono un paio di scene superflue perché inconcluse, come quella del gigantesco fuoco d’artificio), ma dalla sua ha sicuramente una traccia narrativa intrigante e buoni attori, un bravo Jason Sudeikis, molto ambiguo e inquietante, e un’ottima Anne Hathaway, capace di bilanciare con talento i registri grotteschi e drammatici del film.

A dispetto della situazione stramba e delle premesse supereroistiche, Colossal non è un film divertente: a partire dalla dipendenza dall’alcool della protagonista, la storia è molto tragica e, nel suo dipanarsi, mette in luce una discreta quantità di situazioni problematiche non poco angoscianti. Una delle tagline del film, non a caso, è: “C’è un mostro dentro ognuno di noi”.
Perciò, risulta un prodotto davvero difficile da definire e, forse, questo pastiche di contenuti eterogenei, a parer mio influisce anche sulla definitiva riuscita del film.

Lascia un commento