Recensione su Cold in July

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Cold in July
Regia:

5 Dicembre 2014

Cold in July è assieme a The Guest il film che ho preferito fra tutti al Festival di Torino ma non è il migliore, in questo caso infatti vi rimando alla recensione di ’71. Il motivo per cui ho preferito The Guest e Cold in July agli altri va ricercato nella loro natura. I due film in questione infatti uniscono una massiccia dose di comicità frizzante a momenti profondamenti tragici. Prendiamo in particolare Cold in July, oltre ad essere l’opera maggiore di Jim Mickle nonché il suo capolavoro (almeno ad oggi) è il film che più di tutti rispecchia la mia visione di cinema: brillante, dalla regia prepotente e dalla trama avvincente, Peckinpahchiano, dallo spiccato uso del ralenti durante le sparatorie e con dei protagonisti crepuscolari, Cold in July è semplicemente fantastico. Tratto dal romanzo omonimo, scritto da Joe R. Lansdale, l’opera diretta da Mickle spazia fra più generi, si passa dal noir al film d’azione per approdare infine, finalmente, al western come lo concepiva quel vecchio pazzo di Sam Peckinpah. Cold in July quindi è divisibile in più parti, non si fossilizza su un genere in particolare ma si muove in più direzioni. La prima parte del film è inquietantissima: una famiglia Texana vive tranquillamente la propria vita ma la propria esistenza viene turbata dall’intrusione di un criminale in casa propria. Una notte, infatti, il pater familias Richard (Michael C. Hall) sente dei rumori, afferra la propria pistola e scende a controllare. Coglie così in flagrante un ladro, gli spara ed uccide il bastardo. C’è tutta l’america in questi primi dieci-quindici minuti, abbiamo l’invasione del domicilio, la proprietà privata violata ed il dramma familiare evitato. La polizia sostiene che si tratti del ricercato Freddy Russell, un delinquente da strapazzo, ed archivia tutto come legittima difesa. Richard, è un corniciaio di paese e fa fatica a reintegrarsi nella vita di tutti giorni, è turbato ancor di più dall’arrivo in città del padre di Freddy, tal Ben (Sam Shepard), il quale minaccia il nucleo famigliare in più occasioni. La prima parte del film si conclude con il tema della vendetta e con un clamoroso colpo di scena: si scopre che Freddy non è morto, la famiglia di Richard è stata usata come esca perché la polizia voleva catturare Ben. Da questo momento nascerà un’alleanza fra Ben e Richard, i quali scopriranno che l’uomo a cui ha sparato non è il figlio di Ben e decidono di scoprire la verità. Nella seconda parte, più divertente e meno inquietante, fa il suo ingresso il mitico DON JOHNSON nei panni di un detective privato ed allevatore di maiali. L’ingresso di Don Johnson
è esilarante, tamarro, sublime: musica country in sottofondo, poster con una pin-up da incorniciare nella mano destra, cappello da
cowboy. Insomma Don Johnson è stereotipato al massimo ed incarna il Texano tipo. Il suo personaggio addolcisce l’opera che resta
sempre tesa, pulp, nera come la pece, un picco continuo. Jim Mickle non abbassa mai la guardia, il regista anzi fornisce una profondità emotiva e psicologica che non ti aspetti in un film di questo tipo. I protagonisti sono crepuscolari, sembrano usciti fuori da un film di Peckinpah, sono pronti a tutto pur di raggiungere il proprio obiettivo e non hanno paura di morire.

Sintetizzatore a manetta, un montaggio ed una regia impeccabili, una fotografia accuratissima, recitazione da brivido, sono questi gli ingredienti di Cold in July, un’opera genuina che unisce l’azione all’ironia, è intrattenimento spettacolare degno del vecchio e caro cinema a stelle e strisce ma attenzione questo tipo di prodotto strizza l’occhio anche e soprattutto al revenge movie alla Park Chan-wook. Tensione, Dixie Mafia, snuff movie e tante tante sparatorie sono le ciliegine sulla torta chiamata Cold in July. Un signor film, spettacolare come pochi, segnatevelo da qualche parte e andate a vederlo quando esce.
Se esce.

DonMax

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