Recensione su Cobra

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1 Marzo 2015

Non avrei mai pensato di scriverci sopra una recensione, poi l’improvvisa ventata di anni Ottanta abbattutasi su di me l’altra sera ha sconvolto i miei piani.
L’idea alla base di tutto è chiamare il protagonista Marion Cobretti, nome che inevitabilmente verrà abbreviato in Cobra, da cui il titolo del film. Già questo direi che basterebbe. Stallone però qui è al suo meglio, in un ruolo cucito su misura in cui menare le mani e sparare a volontà, trovando anche il tempo di criticare una società in evidente decadenza morale. Non è un caso che, nonostante il regista fosse ufficialmente George Pan Cosmatos, i racconti parlino di uno Stallone assoluto padrone del set, regia compresa.
Al di là della storia che è quella che è, è da segnalare la botta di nostalgia che sale di fronte al compendio di badassery messo su per questo film, dove Sly riveste i panni del burbero dai modi spicci ma dal grande cuore che lo resero famoso in Rocky e Rambo. Si aggiungano al tutto Ray-Ban a specchio e stuzzicadenti. A far da contorno diverse scene d’azione con sparatorie, combattimenti corpo a corpo e inseguimenti, tra cui uno in retromarcia in cui Stallone è a bordo della sua vera auto e fa saltare i nemici a colpi di mitra. Ciliegina sulla torta sono certi dettagli delle inquadrature dove possiamo ammirare ad esempio l’insegna luminosa della Pepsi, the choice of a new generation… o un ritratto di Ronald Reagan, come se fossero messi lì apposta per farci respirare a pieni polmoni il vento di libertà che dall’America spirava negli anni Ottanta.
Il quadro sarebbe già perfetto così. Tra le righe però, in mezzo a esplosioni e atti di insubordinazione, il personaggio di Cobra ci regala una sensibilità inaspettata, simboleggiata dal nome: Marion, nome femminile per il quale viene anche preso in giro e che, insieme al suo “senso dell’umorismo” stona con il machismo assoluto a cui è improntata la pellicola.
C’è poi l’intesa con Brigitte Nielsen, intesa suggellata da Stallone quando sornione al fast food dà sfoggio del suo humour: “ci vuole un salvagente, le patatine stanno annegando nella salsa.” Proprio questo… humour, chiamiamolo così, dà l’impressione della volontà di costruire un personaggio sì tosto e cazzuto ma anche umano, capace addirittura di lanciarsi in invettive contro la magistratura e i lacciuoli che impediscono ai veri uomini d’azione di proteggere l’America.

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