Recensione su Cloud Atlas

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12 Gennaio 2016

Cloud Atlas racconta 6 storie che non solo narrano le vicende di personaggi molto diversi tra loro, ma che sono anche caratterizzate ognuna dal diverso stile più adatto alla situazione:
– c’è il diario con le avventure di Adam Ewing, un notaio americano in viaggio sulle isole del Pacificio nel 1850
– ci sono le lettere che Robert Frobisher scrive all’amante e amico Rufus Sixsmith, mentre è al servizio del famoso compositore Ayrs Vyvyan nel Belgio intorno al 1930
– c’è il romanzo ispirato alle vicende della giovane giornalista Luisa Rey, alle prese con uno scottante segreto in una centrale nucleare nella California del 1975
– c’è il romanzo auto-biografico che racconta l’esilerante vicenda di Timothy Cavendish nella Gran Bretagna dei nostri giorni
– c’è la storia di Sonmi 451, un clone di una città futuristica alla scoperta del libero arbitrio
– e infine il racconto di Zachry, il valligero in lotta per la sopravvivenza in un’epoca post-apocalittica.

Credo che mai come questo caso il film completi il libro e viceversa, quindi sono fondamentali entrambe le opere per capire appieno la storia. Infatti il libro divide in modo netto le vicende, approfondendole molto ma rendendo difficile capire bene cosa le leghi tra loro. Il film, invece, semplifica necessariamente il tutto lasciando qualche buco narrativo, ma i veloci passaggi tra una storia e l’altra (uno dei punti forti del film) e l’uso di più attori in ruoli diversi, facilita moltissimo la comprensione dei vari legami.
Il risultato è una storia molto originale e coinvolgente (e pensare che ho dovuto ricominciare il libro tre volte nel corso di 3-4 anni prima di riuscire a superare il primo capitolo, perché proprio non mi prendeva).
E non dimentichiamo che questo film ha portato i fratelli Wachowski a fare quella meraviglia che è Sense8. [http://domandeirrisoltediunamentecomplicata.blogspot.it/2016/01/dicembre-bagaglio-culturale.html]

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