Recensione su Climax

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Danze macabre e cocktail allucinogeni. / 13 Maggio 2020 in Climax

Che film, che film! È un film, ma non è solo un film e non è nemmeno la realtà; una messa in scena che va molto più al di là della comune esperienza audiovisiva, è il cosiddetto brutto trip che shakera lo spettatore, è il non plus ultra della psichedelia più sfrenata, l’action painting di un burattinaio schizzato, follemente intenzionato più che a raccontare a mostrare a far percepire, a regalare sensazioni. La danza macabra dei nostri tempi, un viaggio demoniaco, mefistofelico, dove sesso, droga, danza e musica di ogni genere sono il tappeto ritmico su cui il regista ci e si addentra in un labirinto provocatorio senza limiti. Ci si sente subito coinvolti, ma non tanto dai personaggi, né dalle loro paturnie o battute giovanilistiche intrise di spacconate sessuali, mache, che pure son divertenti, ma dall’atmosfera, dall’ambiente, dal tetro e ironico montare di uno stravagante pathos cinefilo, immaginifico, sensuale. Un vortice spiaziante di spudorata tensione artistica. C’è tutto, proprio tutto in “Climax”: da “Suspiria” a “Carrie”, da “Possession” a “Repulsion”, ci sono i Rolling Stones, i Daft Punk e Giorgio Moroder; Gaspar Noé frulla tutto, ci (s)travolge e tramortisce senza freni inibitori, lasciandoci, inoltre, l’opportunità di accettarlo. Proprio come Pasolini, non ha paura di seguire un mantra ben preciso, quello del saper “scandalizzare”, proprio perché “scandalizzare è un diritto e farsi scandalizzare un piacere e chiunque rifiuti questo piacere è un moralista”. Siamo ben oltre il cinema, questa è anarchia e libertà, come i favolosi titoli di testa dopo ben 45 minuti di film o come i lunghi assoli ‘danzerecci’ pieni di vigore e sessualità. Sesso, droga, vita, morte, inferno, purgatorio e paradiso, Noé orchestra il suo cocktail allucinogeno e, come i Doors a loro tempo, ci spalanca le porte della percezione e un’idea di cinema totalmente atemporale, perché, semplicemente, fuori dal tempo, dai canoni, dal trend. Definirlo un bel film sembra quasi il più riduttivo dei complimenti, un cliché da tavolo apparecchiato, “Climax” è carne e sangue ma soprattutto anima.

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