Amore a Teheran / 3 Gennaio 2012 in Circumstance

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Shirin e Atafeh sono due giovani donne che vivono nella Teheran contemporanea post-rivoluzionaria, amministrata dal conservatore Ahmadinejad e ancora troppo impregnata dei dettami oscurantisti dell’ Ayathollah fondamentalista sciita Khomeini, la cui effige appare spesso nel corso del film. Shirin ha perso i genitori, dissidenti politici giustiziati a causa delle loro idee, ed è costretta a vivere con uno zio autoritario. Atafeh proviene da una famiglia colta e progressista, per nulla simpatizzante della piega politica che il Paese ha preso. Il padre, in particolare, sembra soffrire molto delle restrizioni imposte del regime alla figlia e alle donne in generale e auspica un futuro migliore per la sua Atafeh (a cominciare dalla possibilità di poter fare un bagno nel mare, un banale svago che alle donne, in seguito alla Rivoluzione, non è più concesso praticare). L’unica nota negativa della famiglia di Atafeh è il fratello, Mehran, che, nonostante la giovane età, trova nel fondamentalismo religioso di Khomeini una via di uscita dal problema della droga. Shirin e Atafeh sono due spiriti liberi, rifiutano di seguire le regole imposte alle donne dal governo teocratico, partecipano a feste clandestine, fanno il bagno di notte in biancheria intima, si vestono con gonne corte. Ma, soprattutto, si amano alla follia e sognano una vita insieme, ciò che la Teheran contemporanea e omofoba non può offrire loro. La felicità delle due ragazze, infatti, ha vita breve: catturate e umiliate dalla Polizia Morale iraniana a causa del loro comportamento poco consono alle strette regole religiose del regime, sono costrette a rinunciare al loro sogno d’amore. Shirin, obbligata dallo zio a sposarsi per ridimensionare il suo spirito ribelle, sceglie di contrarre il matrimonio con il fratello di Atafeh, così da poterle stare vicino e vivere nella sua stessa casa. Shirin però non sa che Mehran, ormai interamente assorbito dal fondamentalismo religioso, nonostante l’opposizione e la preoccupazione dei genitori e della sorella, la controlla attraverso microspie. Scoperte le sue fughe notturne da Atafeh , diventa sempre più severo nei confronti della moglie, costretta a vivere una esistenza triste che non le appartiene. L’epilogo, purtroppo, è abbastanza intuibile: poco possono due giovani donne innamorate contro il patriarcato del fondamentalismo religioso. Le due protagoniste femminili, Nikohl Boosheri e Sarah Kazemy, entrambe di origini iraniane come la regista, dai volti espressivi e affascinanti, incorniciati da un velo sottile che ne risalta la bellezza e l’esotismo, sono molto interessanti. Le scene d’amore e di affetto tra Shirin e Atafeh sono di una delicatezza appassionante, caratterizzate da una malinconica vena nostalgica, accompagnate dalla paura, dallo sconforto e dal coraggio. Un film che riesce a coinvolgere nonostante non vanti una eccessiva abilità registica ma che per essere gustato a pieno, secondo me, deve essere accompagnato dalla conoscenza del contesto culturale e politico di un Paese ambiguo e ricco di storia come l’Iran, il cui presente differisce molto dal suo passato meno conservatore.

Leggi tutto