Recensione su Cinquanta sfumature di grigio

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16 Marzo 2015

Una giovane laureanda in lettere, Anastasia Steele, va a intervistare un giovane miliardario, Christian Grey (non si capisce se ereditiero o self made man, ma che importa? mica dobbiamo giudicarlo, noi del pubblico di riferimento). Questo comincia a sedurla ma allo stesso tempo le nasconde qualcosa: la sua dipendenza dal sesso masochistico. Inizia un tira e molla fatto di regali costosi, esperienze esclusive, e sporadiche “anticipazioni” di quello che può accadere nella “stanza dei giochi” di Mister/Master Grey.
Un film lungo ma ben calibrato, che mostra cedimenti solo nelle scene di sesso dai dialoghi inevitabilmente ridicoli ma funzionali. Encomiabile lo sforzo fotografico e scenografico che costruisce una patina da fantasia erotica. Anche la musica di Danny Elfman, quando non sovrascritta dalle canzoni pop conturbanti, salva il progetto. Se la prosa del libro è stata pesantemente criticata e tacciata di amatorialità, non è possibile dire la stessa cosa del film, che tecnicamente è di alto livello. L’interpretazione ironica e dignitosa di Dakota Johnson (che salva un personaggio altrimenti patetico) distrugge l’inerte Jamie Dornan, a cui è richiesto solo di vestirsi bene.
Nonostante i tentativi di fornire uno sfondo alle storie dei due protagonisti, soprattutto Grey (dichiaratamente ispirate a precedenti cinematografici e letterari), la piattezza psicologica di questi personaggi è irrecuperabile. Ma lo scopo è quello di una fantasia erotica sul principe azzurro sadomaso, e se non fosse per il codardo finale, si merita il successo popolare che cercava. Venere in pelliccia non è per tutti; è giusto che esista anche Cinquanta sfumature di grigio.

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