Recensione su Chicago

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Sei Oscar. / 3 Agosto 2013 in Chicago

Al primo colpo il debuttante alla regia Rob Marshall (già conosciuto a Broadway come coreografo) porta a casa sei Premi Oscar (tra cui quello al miglior film) grazie al successo dato da Chicago, musical ispirato alle opere di Bob Fosse (regista di All That Jazz – Lo spettacolo continua e Cabaret) e a vecchi spettacoli di cabaret.

Omaggiando stili e divinità del passato (la Zellweger ricorda molto Marilyn Monroe) Marshall regala al pubblico moderno uno spettacolo che non era più abituato a vedere, trasformando una storia piuttosto lineare in un’opera incredibile, un musical seducente e godibile dal primo minuto fino alla fine, fatto di ottimi attori che si riveleranno anche abili cantanti e ballerini.

Catherine Zeta-Jones è la stella di Chicago. All’interno di quei costumini succinti e sbrilluccicosi, sfodera una voce potentissima (che non avrei mai creduto) accompagnata da delle movenze da vera professionista del ballo, con cui la Zellwegger, ahimè, non può reggere il confronto.

In una Chicago all-jazz presentata come un gran cabaret, la coreografia e la musica regnano sovrane sulla volubilità della gente/media e del successo, che come arriva, può eclissarsi.

Marshall sfrutta con ingegno e maestria la sua idea, sfornando uno dei musical più belli e travolgenti degli anni 2000, giocandosi tutto su interpreti (un cast fatto di sole celebrità, anche le comparse), coreografie (molte delle quali geniali) e musica. Tantissima musica firmata dal genio di Danny Elfman.

Avrò visto la scena del Tango del sole a scacchi almeno cento volte. E non ha mai smesso di entusiasmarmi.
Chicago è una meraviglia a 360°. La meraviglia di Marshall, che dopo Memorie di una Geisha avrebbe anche potuto smettere di fare il regista.

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