Recensione su Cella 211

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31 Gennaio 2012

Tosto,tosto,tosto.Chi se lo sarebbe aspettato che questo film spagnolo poco conosciuto (ma ultracelebrato ai premi Goya 2010) avrebbe risollevato un genere apparentemente saturo come quello carcerario?
“Cella 211”, diretto dall’esordiente Daniel Monzón, ci riesce spingendosi oltre il semplice e classico tema di molti prison-movie, ovvero quello della rivolta carceraria e tutto ciò che essa comprende(denuncia politica,sociale e istituzionale). Mònzon parte con questi temi per poi arrivare molto più in alto, mette a nudo i suoi personaggi e crea le situazioni giuste, con un ottimo intreccio da vero thriller adrenalinico, per giungere infine ad un’indagine che riguarda la vera natura umana. La metamorfosi psicologica del protagonista è infatti quanto di più umano ci possa essere di fronte a temi come la libertà, l’amore e la morte. è praticamente impossibile non essere risucchiati(emotivamente) dal vortice di avvenimenti a cui si assiste, e se all’inizio c’erano i buoni ed i cattivi, alla fine questi non riescono più a distinguersi,sono semplicemente persone. E quando l’ingranaggio spietato scatta l’induviduo, scorporato da ogni valore e convenzione, è costretto a mettersi in gioco, mostrando la sua vera natura. Ritmo tesissimo, sceneggiatura incazzata il giusto e regia lucida( e furba), qualche caduta di stile forse nelle poche spettacolarizzazioni concesse, ma rimane comunque un solido dramma carcerario dal quale si può uscire sicuramente un po’ frastornati e amareggiati. Davvero tosto. 7,5

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