Recensione su Carnage

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Il dio del massacro / 16 Dicembre 2013 in Carnage

New York. Un undicenne, Zachary, colpisce un suo coetaneo, Ethan, con un bastone all’altezza della bocca causandogli la rottura di due denti. I genitori del primo, Alan e Nancy Cowan (rispettivamente avvocato e operatrice finanziaria), e quelli del secondo, Michael e Penelope Longstreet (rappresentante lui, scrittrice lei), si incontrano per parlare di quanto accaduto tra i loro figli. All’inizio il confronto tra le due coppie è all’insegna della cordialità, ma la situazione ben presto degenera e durante la discussione i quattro se ne diranno di tutti i colori.
“Carnage” fa tornare alla mente un vecchio e straordinario film di John Cassavetes, “Volti”, in cui i protagonisti, sempre chiusi dentro quattro mura, litigavano furiosamente e si scannavano a vicenda. Ad innescare il gioco al massacro nell’opera di Cassavetes era una crisi coniugale, in quella di Roman Polanski, invece, è un litigio tra due ragazzini che, inevitabilmente, finisce per coinvolgere i genitori dei litiganti, i quali, con il loro comportamento arrogante e infantile, si rivelano uno peggio dell’altro. Il bello di questo film, che Polanski ha tratto da un testo teatrale di Yasmina Reza, “Il dio del massacro”, sceneggiandolo insieme all’autrice francese, è che non c’è nessun personaggio che possa dire di essere immune dalle critiche.
Non ci sono anime candide e innocenti, in questa storia, perché tutti, chi più chi meno, sono colpevoli di qualcosa. Sono colpevoli i genitori di Zachary, che non riescono ad educare il loro figlio per fargli capire che è sbagliato comportarsi in modo violento, ma sono colpevoli anche i genitori di Ethan, perché sono convinti di essere perfetti e come tali pensano di poter giudicare gli altri dall’alto della loro presunta superiorità morale, ma non si rendono conto che in realtà sono due individui meschini (soprattutto lui) che vivono mentendo sia a se stessi che agli altri, ai quali fanno credere di essere persone perbene per celare la loro bassezza e grettezza.
“Carnage” è un film piccolo per la durata (la storia viene raccontata in appena settantanove minuti) e l’ambientazione (la vicenda si svolge quasi tutta all’interno dell’abitazione dei Longstreet) ma grande per stile e contenuti, con Polanski che sfodera una prova registica all’altezza della sua fama e una cattiveria degna dei suoi giorni migliori. Il regista polacco chiude i suoi personaggi dentro a un appartamento, punta la macchina da presa contro di loro, li filma come se fossero degli animali in gabbia e, con occhio da entomologo, li analizza impietosamente svelandone l’inettitudine e condannandoli a vivere nella loro mediocrità. Affidandosi a dialoghi taglienti e affilati come una lama, Polanski realizza un film feroce e spietato come ai vecchi tempi.
Oltre che una lezione di regia, la pellicola è anche una lezione di recitazione impartita da quattro interpreti in splendida forma che si calano nei loro ruoli alla perfezione. Le performance degli attori sono talmente convincenti da rendere arduo stabilire chi sia più bravo tra Jodie Foster (Penelope), John C. Reilly (Michael), Kate Winslet (Nancy) e Christoph Waltz (Alan); ma se proprio dovessimo consegnare la palma del migliore solo a uno di loro, la daremmo a Waltz, che nella parte dell’avvocato cinico e sprezzante sempre attaccato al cellulare riesce ad essere magnificamente sgradevole (la sua antipatia raggiunge vette inaudite quando definisce suo figlio “un pazzoide”). Memorabile la scena in cui la Winslet vomita sul tavolino.

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