Recensione su Captain Fantastic

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Captain Fantastic
Regia:

7 e mezzo / 10 Gennaio 2017 in Captain Fantastic

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

L’idea del film è veramente affascinante, una sorta di utopia pedagogica, come molte ci sono state, di come creare attraverso l’educazione l’uomo perfetto. E’ possibile, in una società capitalistica, creare un’isola felice fuori dal mondo, fuori dal “sistema”? Secondo Ben, e la moglie, sì: decidono di vivere con la loro numerosa prole in una non ben precisata foresta americana, in mezzo alla natura. Oltre alla preparazione fisica, il programma di Ben prevede che i figli studino da mane a sera tutto lo scibile umano – dalla fisica teorica alla narrativa, alla giurisprudenza. L’interazione col mondo esterno si rivela più difficile del previsto.

Come ho scritto inizialmente, l’idea del film è affascinante, e offre spunto di riflessione. L’educazione impartita secondo Ben dovrebbe permettere ai figli una piena libertà da qualunque condizionamento, e condurre i bambini ad una perfezione critica e morale. E’ citata la Repubblica di Platone non a caso, nella lettera che la moglie di Ben ha inviato alla madre: il progetto del filosofo era di creare una società perfetta, guidata dai filosofi-sovrani, educati assieme tramite una rigida pedagogia, fatta di cultura e attività fisica, che li avrebbe guidati fino alla perfezione morale – e quindi fino al Bene da cui avrebbero attinto per guidare la Città. In questa utopia rappresentata nel film, i bimbi sono educati a riassumere in sé le tre funzioni della città ipotizzata da Platone, ossia il sovrano-filosofo, il guardiano, e l’agricoltore/cacciatore/commerciante. Questa utopia, in realtà aristocratica, è declinata nel mondo “di sinistra”, che prevede dunque Noam Chomsky come idolo, e un ritorno alla natura distante dalla civiltà alla Rousseau.
Detto tutto ciò, le tesi dell’Autore credo siano due, una più palese e una più sottile. La prima è ovviamente che allo scontro dei fatti i filosofi-sovrani si rivelano fragili e inadatti: le scene del figlio maggiore con le ragazze parlano da sole, il ragazzo sa, con sue parole, “tutto ciò che c’è scritto nei libri”, e basta. Più sottile è la seconda tesi, ossia che la rigida educazione imposta dal padre non porta tanto i figli allo spirito critico, quanto all’accettazione del reale dato, all’accettazione dei diktat paterni. Evidente nella scena in cui Ben pretende il confronto fra i suoi figli e i nipoti: i due insopportabili mocciosi, suoi nipoti, non sanno rispondere alla domanda di Ben, cosa che riesce a fare il figlio minore; eppure, il piccolo sembra più un automa, una scimmia ammaestrata che un essere umano. Non a caso, atti di “ribellione” (purché puerili, come voler continuare a giocare piuttosto che fare ciò che è richiesto dalla madre) li assistiamo più da parte dei due fratelli che dalla masnada di figli che si ritrova Ben, sempre ligi al dovere. Gli unici atti di ribellione – uno dei figli che decide di vivere dai nonni, fuggendo da quella vita; la decisione del figlio maggiore di iscriversi ad una Università – sono presto sopiti e abbandonati dai protagonisti. Il film termina con una via di mezzo tra la società pensata dal padre e la società consumistica, ma questa via di mezzo è stata ancora una volta una scelta del padre, per il bene dei figli.
Insomma, sembra suggerirci l’Autore, la scelta critica e libera non è tanto tolta da impedimenti esterni, come il capitalismo consumistico e “il sistema”, quanto dal proprio interno, dal “parricidio”, psicoanaliticamente parlando. E ciò, probabilmente, è possibile se è lasciata lavorare la fantasia, l’immaginazione, poco spiccata nei figli di Ben, ai quali è tolto ogni divertimento e “gioco”. In effetti ciò che appare mancante nell’educazione impartita nel cuore della natura è proprio il gioco, caratteristica fondamentale per la crescita. Non so se è un caso che i due cugini siano mostrati quasi sempre mentre giocano fra loro, o con i videogiochi, a differenza dei figli di Ben.
PS: Come risulta evidente, l’unico nome che mi ricordo è “Ben”. Per tutto il resto c’è …

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