Recensione su Bronson

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16 Dicembre 2012

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Pellicola che riprende e rielabora alcuni degli episodi della vita di Charles Bronson. No, non l’attore, bensì il carcerato più violento d’Inghilterra, il cui vero nome è Micheal Petersen, e che ha passato e passa tutt’ora, una vita in carcere, quasi sempre in isolamento. Entrato per un furtarello, il suo comportamento violento gli fa prendere fino a 14 anni, durante i quali picchia gli altri detenuti, i secondini, con una violenza dissennata ed esibizionista. Quando esce, riesce a stare libero addirittura per 69 giorni, prima di tornare dentro e non uscire mai più. É stato spostato in tutti i peggiori carceri inglesi (e i peggiori bar di Caracas, vien da dire): sequestri di secondini come se piovesse, ricatti, comportamenti nonsense, con anche un certo compiacimento nel suo essere speciale. Bronson usa la violenza per essere famoso, ma non senza motivo, infatti non ha mai ucciso nessuno. Sullo schermo gli da corpo un Tom Hardy camaleontico e forzuto, con due baffi da uomo, che si divide tra la narrazione degli episodi dal palco di un teatro davanti a un folto pubblico, per sottolineare l’istrionismo esibizionista del personaggi, e gli episodi veri e propri. Nessuno vorrebbe essere questo personaggio, ma c’è da qualche parte un senso in tutti i suoi comportamenti incomprensibili, che il film ha il merito di cercare di inquadrare.

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