Gioiello nascosto di Altman / 1 Febbraio 2016 in Anche gli uccelli uccidono

Gioiellino (purtroppo) dimenticato di Altman, Brewster McCloud (impresentabile la traduzione italiana del titolo) è una commedia amara sulla libertà, una parodia della castrante asfissia della società americana e della velleitaria ribellione giovanile contro di essa.
Brewster è un Icaro moderno e il suo rapporto con la misteriosa Louise sarebbe degno di figurare sui libri di psicanalisi.
Un soggetto anarchico e originalissimo quello di Doran William Cannon, con echi hitchcockiani che vengono tuttavia annaffiati da una sapiente ironia, quella che il regista decide di infondere fin dall’apertura, con la curiosa idea della ripetizione dei titoli di testa.
Una favola agrodolce dal tragicomico finale, in cui al dramma del protagonista segue un epilogo circense che sa in parte di Fellini e in parte di autocitazione, con un richiamo al film precedente di Altman, quel M*A*S*H che lo aveva consacrato all’attenzione del cinema mondiale con il riconoscimento della Palma d’Oro al Festival di Cannes.
Eppure, dopo neanche un anno da M*A*S*H, quando tutti si aspettavano grandi cose dal regista di Kansas City, ecco che questi stupì tutti con la propria originalità e il proprio anticonformismo cinematografico.
Con Brewster McCloud il tema dell’antieroe fa ancora una volta breccia nel cinema americano, cristallizzando una delle tendenze contenutistiche della Nuova Hollywood.

Grande interpretazione di un giovanissimo Bud Cort (con occhialini e capigliatura che lo rendono un Harry Potter ante litteram), ma soprattutto di un ottimo caratterista come René Auberjonois, nel ruolo del folle docente ornitologo che regala la surreale voce narrante di taglio scientifico, uno degli aspetti più memorabili della pellicola.
Peccato per la scena dell’inseguimento automobilistico eccessivamente dilatata, unica vera pecca del film.

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