Recensione su Blade Runner

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15 Gennaio 2013

Mi mancava, l’ho visto, nella versione Final Cut, che ho letto essere molto simile alla Director’s Cut, cioè quella dove il finale è meno lieto e i risvolti sono anche più interessanti.
Via il dente, via il dolore: mi aspettavo di più. Data la fama di cui vive mi ero preparata a qualcosa di monumentale, qualcosa di sorprendente.
Diciamo che, se dal punto di vista tecnico non posso muovere critiche, dal punto di vista contenutistico mi sento di definirlo incompleto, approssimativo e sbrigativo.
A mio parere la trama, che è davvero prospera di spunti, risulta essere abbozzata, lasciandomi un senso di incompiutezza davvero deludente. Ho trovato affrettati i momenti che avrebbe dovuto suscitare pathos, ho trovato 0 spiegazioni, ho trovato una certa fretta nello sviluppare gli eventi e in generale una scarsa caratterizzazione psicologica. I Replicanti sono senza dubbio affascinanti, ma a me non sono bastate 4 righe di presentazione iniziale, io voglio di più, voglio una dimensione interiore meno tagliata con l’accetta e un coinvolgimento emotivo che si basi su una presentazione positiva/negativa/neutrale dei personaggi.
La filosofia che potrebbe stare alla base del mondo presentato nel film andrebbe discussa, e Blade Runner secondo me in questo senso si ferma un passo prima. Ci voleva qualche premessa e teorizzazione in più ( il riferimento a Cartesio è stato un bel momento, e proprio di momenti del genere il film dovrebbe vivere per la gran parte), ma forse è chiedere troppo in termini commerciali.
Il pathos che mancava per tutto il film l’ho ritrovato nel celebre monologo finale, davvero bello e suggestivo, ma non nei dialoghi precedenti, piuttosto schematici.
Mettiamola così: se non avessi letto in giro di più sulla trama, su tutto ciò che non si evince, mi sarebbe piaciuto molto meno. Invece, alla luce di quello che lo spettatore sa non dal film , ma da Wikipedia, dico che mi piace, sì, ma che peccato non poter esserci arrivata da sola! C’erano tutte le potenzialità, e per fortuna c’è tutto il contorno: bellissima la fotografia e la scenografia, così come la figura di Rachael e la colonna sonora.
Comunque intendo dargli una seconda visione, più consapevole.

2 commenti

  1. paolodelventosoest / 11 Giugno 2013

    Ciao, le ‘spiegazioni’ che invochi nel tuo commento sono proprio l’antitesi della produzione letteraria di Philip Dick, colui che sta alla base di questo grande film. Leggendo il libro da cui è tratto film (“Ma gli androidi sognano pecore elettriche?”), come anche gli altri suoi più celebri titoli, ti rendi conto che l’autore chiede implicitamente al lettore di “stare al gioco” della sua creazione. Lo mette dentro alle situazioni, pennellando qua e là dettagli che potranno ingolosire, ma non avranno mai una spiegazione a tutto tondo. C’è nella sua prosa il confine labile tra pensiero e azione, ma ti posso assicurare che sta tutta qui la sua grandezza; oggi si parla di ‘show, don’t tell’ a livello di scrittura creativa, come tecnica, lui l’aveva messa in pratica senza bisogno di scuola. Dick mostra e non illustra al lettore i mondi fantastici ed assurdi della sua mente.
    Ridley Scott ha tradotto tutto ciò con grande maestrìa.

  2. Alice* / 11 Giugno 2013

    Non lo sapevo, non l’ho letto ancora. Grazie 😉

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