Recensione su Black Hawk Down - Black Hawk abbattuto

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9 Luglio 2014

Tratto dagli accadimenti della cosiddetta battaglia di Mogadiscio, Black Hawk Down è uno dei film di guerra più crudi e verosimili in assoluto, ma non di sicuro tra i più belli.
Quasi due ore dell’intera pellicola sono monopolizzate da azioni di combattimento tra le vie della capitale somala, un continuum di violenza che alla lunga stanca, ma che produce quello che è il maggior risultato che Scott riesce a raggiungere: infondere nello spettatore il senso di inutile follia della guerra, enunciato fin dall’aforisma iniziale di Platone: “Solo i morti hanno visto la fine della guerra”.
In Somalia gli americani ci andarono, insieme ai caschi blu dell’ONU, per tentare di fermare un vero e proprio genocidio che aveva mietuto 300.000 vittime. La decisione di effettuare un raid solitario, senza avvertire le altre forze internazionali (cosa che gli americani ripeteranno nel giorno dell’uccisione di Bin Laden), può essere più o meno discutibile, ma ciò che è certo è che l’andare ad ingolfarsi nel centro di Mogadiscio (con la inevitabile guerriglia urbana che ne sarebbe derivata) ha comportato un elevato tributo di vite umane (19 caduti tra le forze speciali statunitensi e un migliaio tra i ribelli somali).
Per gli Americani, la più grande perdita di soldati in un’unica azione dai tempi del Vietnam.
Nel film, per il resto, ci sono un po’ troppe somiglianze con alcuni classici del genere (Apocalypse now su tutti, ma anche Full Metal Jacket), il che comporta, alla lunga, un costante senso di deja-vu.

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