3 Recensioni su

Bird Box

/ 20186.1201 voti

mi aspettavo di meglio / 1 Settembre 2019 in Bird Box

avevo aspettative molto alte, è un film coraggioso ma che alla fin fine ti lascia con troppi interrogativi e molti dubbi sulla sceneggiatura. Comunque da vedere.

Niente male!!! / 25 Febbraio 2019 in Bird Box

La solita trama del caos della “fine del mondo” prende una piega diversa dal solito e la svampita apatica (spesso lo è) Sandra Bullock recita davvero bene in questa sorta di disaster movie, che tiene alta la suspence fino alla fine!
Finalmente Netflix un film bello!!!
7!

Passo falso della Bier / 26 Dicembre 2018 in Bird Box

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Susanne Bier esordisce nell’horror post-apocalittico con Bird Box, un film originale Netflix tratto da un romanzo di Josh Malerman, interpretato da Sandra Bullock e una pletora di altri nomi noti, da John Malkovich a Sarah Paulson, passando per Tom Hollander, BD Wong, Pruitt Taylor Vince, Jacki Weaver e Parminder Nagra.
Alla sceneggiatura, c’è Eric Heisserer, candidato agli Oscar 2017 per lo script di Arrival di Denis Villeneuve. La colonna sonora vanta la firma di Trent Reznor dei NIN e Atticus Ross.
Insomma, un calderone di eccellenze.

Eppure, Bird Box non mi ha convinta neanche un po’.
Vuoi per l’impianto generale della trama, che -e va beh- richiama cose viste e riviste (mi vengono in mente E venne il giorno di Shyamalan, il più recente A Quiet Place di Krasinski, Lost e tutti quei film e telefilm in cui un gruppo eterogeneo di persone tenta di fronteggiare gli effetti di un evento catastrofico e/o un nemico pericoloso e apparentemente invincibile), vuoi per la prevedibilità dell’intreccio narrativo, costruito su rassicuranti cliché. Tralascio l’improbabilità delle situazioni, che -comunque- fanno parte del gioco, visto che il genere cinematografico di appartenenza richiede al pubblico di sospendere la credulità per un po’.
Il personaggio della Bullock è molto stereotipato e lei, ahimé, non migliora affatto la situazione, non riesce a schiodarsi nemmeno per un secondo da una certa monoespressività (forse, indotta anche dalla chirurgia estetica) che la rende puntualmente poco credibile e molto artefatta.
Quel che delude è, soprattutto, il pretesto orrorifico della storia. Non vedere, per non morire: l’idea, applicata a un film, è (teoricamente) elettrizzante. Però, è sfruttata in maniera più che puerile e didascalica. Il punto di vista deficitato della protagonista viene sfruttato in poche, sporadiche frazioni del film, ma mai, dico mai, questa soluzione visiva incrementa davvero il senso di ansia e paura dello spettatore. E, così, si perde anche quel brandello di interazione (l’unico elemento davvero originale del film) che Bird Box sembrava far presupporre.

In sostanza, Bird Box è un film povero di sostanza che, se pure parla di maternità e amore disinteressato, non incide, non impressiona, non innova, non suggestiona.
Dopo alcune ottime produzioni originali Netflix (Senza pelle, La ballata di Buster Scruggs, Private Life, Roma), assisto a una nuova (inaspettata) regressione a marchio di autori altrove notevoli: a causa di questo film, mi tocca aggiungere il film della Bier a quelli di colleghi (Joon-ho Bong con Okja, Duncan Jones con Mute, Alex Garland con Annihilation) che, lavorando per Netflix, mi hanno lasciato molto interdetta.

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