Au hasard Sarchiapone / 12 Dicembre 2015 in Bella e Perduta

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

In una casa piena di Pulcinella dei Pulcinella giocano a scopa. Ci sono uffici, una burocrazia, tutta gestita da Pulcinella. Parte la storia, quella di un tizio, tal Tommaso Castrone, pastore, che sua sponte a un certo punto si era messo a fare il custode della reggia borbonica di Carditello, posto splendido e lasciato ai rovi, ma anche peggio, nel bel mezzo della Terra dei Fuochi. Tommaso salva un bufalo, Sarchiapone, che ormai è proprio un nome da pizzeria, e un bel Natale muore, era soprannominato l’Angelo di Carditello. Partito dal luogo senza luogo iniziale, spunta uno dei Pulcinella, quello assegnato all’incarico di connettere morti e vivi, a ritirare Sarchiapone – il quale è/ha la voce narrante di Elio Germano. Vagano per varia Campania, fino a trovarsi con un ciccione che vive in una grotta. Pulcinella è stufo di esser Pulcinella, vuole dimettersi dalla maschera (diciamola cruda: vuole scoparsi una vecchia!), ma senza di essa più sentir non può Sarchiapone, che viene quindi destinato al macello in quanto i bufalotti maschi, si sa, non servono a ggnente. Piuttosto indicibile un film, incrocio e coacervo di stili e intenzioni, più antinarrativo che il contrario, documentario ma non troppo, magico ma impiantato nella realtà, in oscillazione tra poesia e la crudezza dell’attualità. I paesaggi attraverso cui si muovono Pulcinella e Sarchiapone sono splendidi e immondi per definizione, l’uomo è al tempo stesso rovina di tutte le cose ma, nelle piccole azioni disinteressate di singoli come Tommaso, unico mezzo di redenzione e speranza. E infatti muore, e ciò ha costretto regista e sceneggiatori a cambiare l’ordito della storia in corso d’opera, aumentandone la particolarità. Della casualità. Il bufalo parla, quanto parla, è soggetto a tutti gli effetti quanto portatore di una filosofia semplice e contadina. Il suo viaggio attraverso il dolore dell’umanità, che si trasla su se stesso e i dolori che gli causa l’umanità (infatti tutti lo vogliono abbattere) ricorda il peregrinare di padrone in padrone dell’asino Balthazar di Bresson. Salvarlo è salvare non solo il personaggio, ma la reggia e un po’ noi tutti. E infatti muore 😀

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