Recensione su Bastardi senza gloria

/ 20098.11481 voti

La storia come non andò…il cinema come la reinventò. / 22 Ottobre 2014 in Bastardi senza gloria

Tarantino rilegge la storia, reinterpreta la seconda guerra mondiale, riscrive le conclusioni. Al suo sesto film il regista italoamericano si prende molte libertà e licenze poetiche e tenta un’operazione rischiosa, estremamente raffinata e, diciamolo pure, alquanto avanguardistica. Certo, poichè toccare un argomento da sempre così sentito come il secondo conflitto mondiale e, seppur di striscio, l’infame olocausto ebraico, modificandone parecchi aspetti e svolgimenti con sprezzo del pericolo, è in un certo senso come andare incontro ad un treno in corsa solo con la forza del peso del corpo. Il buon Quentin però azzecca perfettamente ogni aspetto del suo film e mescolando con la solità abilità, ormai riconosciutagli dai più, storia e finzione cinematografica, fatti e personaggi veri e molti altri del tutto romanzati e “fantapolitici”, crea un’opera unica, intensa, magnetica, epocale, un film di guerra sul conflitto che, senza esagerazioni, ha monopolizzato il ‘900, rielaborandone gli aspetti salienti e più rilevanti, come se il regista avesse voluto mostrare come sarebbe potuta andare, come non andò e come lui, presumibilmente, avrebbe desiderato che fosse. Un film che è una riflessione sul fato, sulla sottilissima precarietà degli avvenimenti storici, fatti che sono andati come sappiamo, certo, fatti e conclusioni che avrebbero però potuto prendere una piega ben differente se solo quelle giuste coincidenze si fossero concatenate al momento giusto, nel posto giusto e chissà, anni e anni di storia moderna sarebbero potuti essere ben differenti. Bastavano, tuttavia, un Hans Landa, il colonnello delle SS “cacciatore d’ebrei” intepretato dal perfetto Christoph Waltz e un Tenente ‘yankee’, Aldo Raine, un bravo Brad Pitt a capo di un piccolo plotone di “bastardi” di orgine ebraica, per poter riscrivere gli avvenimenti di una guerra e probabilmente degli anni a seguire. E tutto ciò per Tarantino è possibile solo attraverso il cinema, è il cinema il vero punto di questo film, il cinema è quella forza che può mostrare, sottrarre o aggiungere solo per il gusto di farlo, in onor dell’arte.
“Inglorious Basterds” è dunque forse uno dei film meglio girati da Tarantino, uno dei più incredibilmente cinematografici, un film che ha in sè alcune delle più belle e perfette scene mai create dal regista, dalll’inizio nella fattoria francese con il brillante discorso di Landa e il paragone fra ratti ed ebrei, alla scena nella taverna sotterranea, un crescendo di tensione lentissimo ed inesorabile, vezzi che solo un regista di stile e con stlle può vantare, fino al pirotecnico finale nel cinema, perfetta metafora di ciò che poc’anzi si è detto del cinema, sul cinema quale forma di reinvenzione totale. Senza parlare poi della caratterizzazione dei personaggi, primari e secondari, sui quali giganteggia ovviamente il bravissimo Christoph Waltz/Hans Landa, ma soprattutto a saltare all’occhio sono le caratterizzazioni a dir poco sublimi di Adolf Hitler e Joseph Goebbels, resi da Tarantino dei perfetti idioti caricaturali, stupidi all’inverosimile, quasi comici, una scelta stilistica che tende a far riflettere.
L’operazione messa in scena da Quentin Tarantino è quindi un ennessimo e personalissimo atto d’amore verso la settima arte quale motore di tutto, ci si può servire del cinema, dell’arte, per reinterpretare ogni cosa, giocarci, plasmarla e a volte, da tutto questo calderone, può nascere un qualcosa di unico, avvincente, credibile e per nulla scontato, neanche quando si parla di storia già scritta, avvenuta, studiata ed approfondita. E’ un film di guerra, ma la guerra intesa come la intendiamo non si vede, ma è anche e soprattutto un film di personaggi e situazioni immesse nel contesto, intrecciate fra loro ma mai così legate, la videnda dei bastardi nulla ha a che fare con le peripezie della giovane ebrea assetata di vendetta Shoshana, interpretata da Melanie Laurent, mentre entrambe le vicende finiranno per combaciare con l’astuto Landa.
La regia è come al solito perfetta nella sua imperfezione ricercata, posata, mai esagerata a tratti quasi statica, la soundtrack sempre varia e gustosa è degna dei grandi cultori, i quali potranno riconoscere in essa David Bowie, Billy Preston e il sempre presente Ennio Morricone, mentre la fotografia è forse la migliore (insieme a quella sgranata e colorata di Death Proof) della sua filmografia.
“Inglorious Basterds” probabilmente metterà una sorta di tappo a tutti i futuri film che vorranno confronarsi con il genere e con l’argomento, ma bisogna chiamarsi Quentin Tarantino per riuscire a fissare quel tappo.

Lascia un commento