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Barton Fink - È successo a Hollywood

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28 Dicembre 2020 in Barton Fink - È successo a Hollywood

Uno dei miei film preferiti dei miei adorati fratelli Coen, un ritratto della Hollywood degli anni 40 visto dalla prospettiva malinconica dello squallidissimo alberghetto in cui Barton Fink, alias John Turturro, commediografo di Broadway, prova a scrivere una sceneggiatura per la Capital Picture. Rimangono scolpite nella mente le immagini insistite della carta parati che si scolla dal muro per il caldo e del quadretto della ragazza sulla spiaggia vista di spalle appeso nella camera di Burton. Un film denso di atmosfera in cui all’inizio non è chiaro quale drammatica direzione prenderà la storia. Magnifico John Goodman nella parte del vicino distanza rumoroso ma amichevole, il commesso viaggiatore Charlie Meadows. Per compattezza e perfezione uno dei gioielli della filmografia dei Coen.

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3 Giugno 2015 in Barton Fink - È successo a Hollywood

Barton Fink è un film cazzutissimo, ambiguo come pochi, dotato di un umorismo sottile e di un finale esplosivo: solo alla fine lo spettatore tira le somme e capisce in quale guaio si è trovato il protagonista, quali egli abbia evitato e in quali guai si sarebbe potuto trovare. Ambientato negli Stati Uniti dei primi anni ’40, Barton Fink è un’opera che oscilla fra il dramma e la commedia passando a toni e atmosfere più “dark” nel finale. I personaggi cardine dell’opera sono John Turturrro ed il mitico John Goodman, pur essendo Turturro il protagonistaindiscusso dell’opera è Goodman che traina il carro verso un finale destabilizzante.

Barton Fink (interpretato da John Turturro) è un commediografo newyorkese di origine ebraica, ha successo, si afferma sul panorama artistico della Grande Mela attraverso una pièce teatrale sulla gente comune. Quello che cerca di ritrarre nelle sue opere è la quotidianità della persone comuni, dei commessi viaggiatori, dei membri della società medio-bassa americana. Il punto è che Barton viene chiamato ad Hollywood per realizzare una sceneggiatura di un film sul wrestling. Non ha mai toccato la materia cinematografica e non ha mai avuto interesse verso i b-movies, oltretutto nelle fasi iniziali lo vediamo restio solo poi si convince, infischiandosene del successo raggiunto fra pubblico e critica (forse perché pensa ai soldi che potrebbe guadagnare lavorando con la major.. soldi che potrebbero essere investiti nuovamente per una nuova opera relativa i ceti bassi della società).
Giunto ad Hollywood non riesce a portare a termine il suo lavoro, arriva a credere di aver esaurito il suo estro, trovando piacere solo nell’amicizia con il buon (?) Charlie Meadows agente assicurativo sovrappeso interpretato da J. Goodman.

Barton lo incontra all’hotel Earle dove i due hanno camere separate, camere buie, camere polverose, camere lercie. Barton vive in un tugurio, l’ambiente rappresenta il momento di vita che sta vivendo. Cosa nasconde il buon Goodman ? Cosa è successo al buon Barton ? Barton Fink è un’opera a mio avviso poderosa, con un duello finale strepitoso dove i ruoli si ribaltano e l’albergo si trasforma in un mondo surreale. Stiamo passeggiando attraverso il corridoio della paura e le speranze le abbiamo lasciate al piano terra, da Steve Buscemi per l’esattezza.

DonMax

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Cool Goodman / 3 Giugno 2015 in Barton Fink - È successo a Hollywood

Una delle più strabilianti follie uscite dalla odd couple dei Coen, innovatori del cinema americano. Questo ‘Barton Fink’ sfida con sfrontatezza tutte le regole dello scripturally correct., regalandoci uno dei colpi di scena più incredibili partendo dal banale ronzio di una zanzara in una squallida camera d’albergo. Tra l’altro, che albergo: il cupo, malinconico, ‘lynchiano’ Hotel Earle si può definire un degno parente dell’Overlook di Shining.
Rimango estasiato dalla straripante verve scenica di John Goodman negli anni ’90, un attore eccezionale.

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Il genio, eterno schiavo del Dio Denaro / 30 Maggio 2014 in Barton Fink - È successo a Hollywood

Barton Fink è una bella (ed allo stesso tempo triste) personificazione della creatività schiava dei soldi e del potere. Di quel genio talentuoso soffocato dalle esigenze di contratto, succube di produttori, finanziatori e pubblico. Il protagonista relegato a compiti poco consoni alla sua propensione naturale, trova una perfetta messa in scena per il collaudato umorismo grottesco dei fratelli Coen.
Il film sembra quasi alternare realtà e sogno, senza tracciare però un confine preciso di dove finisca uno e cominci invece l’altro. Il tutto per poi esplodere in un enorme botto finale, d’impatto e dal sapore decisamente amaro.
Interpretazioni di spicco per John Turturro e John Goodman, entrambi molto convincenti e degni di lode nei rispettivi ruoli.

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9 Marzo 2014 in Barton Fink - È successo a Hollywood

Un autentico gioiellino, uno dei tanti nella fantastica carriera dei fratelli Coen, anche se con Barton Fink siamo in presenza senza dubbio di uno dei film più originali della coppia.
La prima parte è un gioiellino per gli splendidi dialoghi, profondi e forbiti, mai sconclusionati.
La seconda parte è un gioiello di simbolismo, che apre a una miriade di interpretazioni e di misteri.
Chi ha ucciso Audrey? Cosa simboleggia l’albergo in fiamme? Cosa c’è nella scatola? (Questo lo sappiamo fin troppo bene, o forse no?)
Francamente non importa saperlo, l’ecpirosi finale, un po’ come ne Il nome della rosa, sembra lavare col fuoco dolori e peccati, e soprattutto sembra mondare le angosce di Barton, che nel finale acquista una serenità interiore che non gli era propria.
Gran personaggio quello di Barton Fink, interpretato in maniera eccellente da un bravissimo John Turturro, un attore di secondo piano forse soltanto a causa dell’aspetto fisico che lo costringe a ruoli non esattamente universali. Un po’ come il mitico John Goodman, anch’egli fantastico nel ruolo del folle assicuratore Charlie, che resta tale solo nella stanza di Barton.
Altri personaggi contribuiscono ad alimentare dubbi e simbologia, in particolare il portiere Chet (Buscemi), sorta di moderno e misterioso Caronte, che trascina il carrello per raccogliere le scarpe da lucidare, ordinatamente disposte lungo quell’infinito e spettrale corridoio.
Un finale surreale quanto rivelatore, con un Barton rilassato e stavolta in pace con se stesso, che prima si vede rifiutare quello che considera il suo miglior lavoro (insultato e umiliato da colui che gli aveva baciato i piedi) e poi vive in prima persona l’esperienza paradisiaca, di pace interiore, che il quadro della sua stanza d’albergo gli aveva fatto tanto agognare.
Barton Fink è, insieme, un saggio sulla creatività e una critica all’industria hollywoodiana, vera e propria catena di montaggio di emozioni (indicativo non solo il fatto che a uno come Barton, che aveva avuto grande successo a Broadway, venga affidato un film sul wrestling, ma anche l’episodio in cui l’autore assiste agli stucchevoli giornalieri di un b-movie da cui gli si chiede sostanzialmente di prendere spunto, e da quanto tutto ciò sia distante dall’esperienza di Broadway, che apre la pellicola).
Ma Barton Fink è anche un ritratto dell’instabilità e dell’ignoto che regnano nella psiche umana (e in ciò è fondamentale anche il ruolo dello scrittore di successo Mayhew, divenuto un alcolizzato, che rappresenta la dicotomia tra l’intelletto creativo e l’instabilità del soggetto che tale intelletto ospita).
Palma d’oro a Cannes 1991. Un gioiellino.

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Osservazioni in ordine sparso / 13 Novembre 2011 in Barton Fink - È successo a Hollywood

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Ci sono un po’ di “volute” incongruenze nel finale:
1. chi ha ammazzato la donna?
2. La polizia interroga Barton Fink, sa che lui e Charlie Meadows si conoscono, c’è un’incendio nell’albergo e nonostante due poliziotti vengano ammazzati nessuno va a cercare Barton;

La fine del film è solo l’inizio della formulazione di una serie di ipotesi che possano colmare i “buchi narrativi” della storia.
Il regista nel corso del film fornnisce qualche avvisaglia e del fatto che è necessario non fermarsi alle apparenze, che bisogna tenere acceso il cervello (penso all’ascensorista, che non ha mai letto la bibbia, al custode dell’albergo che esce da una botola, ai tubi dell’acqua dell’albergo).
Una delle ipotesi che ho letto e mi pare più interessante sostiene che l’albergo sia l’inferno (con cui Hollywood è in combutta), Charlie Meadows sia il diavolo e forse Barton Fink dio (più volte bf nel film dice “io creo”).
La meta inarrivabile, il paradiso è nel quadretto della stanza d’albergo di Barton.
Barton fa amicizia con il vicino di camera, in apparenza una persona semplice (proprio quel tipo di persona di cui lui vuole parlare e di cui vuole affrontare le problematiche nelle sue opere ) e cordiale e grazie a lui riesce a scrivere il suo miglior lavoro; poi si scopre che è un pericoloso serial Killer che ucciderà due poliziotti che lo stavano cercando (due angeli) gridando “Guardatemi. Vi mostrerò la vita della mente”.
Il lavoro di Barton Fink viene rifiutato da Holliwood: troppo bello e sincero per essere apprezzato da tutti per cui lo ritroviamo nella scena finale, in una specie di paradiso (il quadretto della stanza d’albergo).
il nome reale di Charlie Meadows nel film è Karl Mundt politico americano che dalla fine degli anni quaranta tagliò i finanziamenti alle personalità dello spettacolo con simpatie socialiste, Mundt nel film uccide un poliziotto pronunciando il saluto nazista “Heil Hitler!”.

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“Era una zanzara in abito da sera (…) che voleva cantare una serenata ad una bambina addormentata” (Topo Gigio) / 12 Novembre 2011 in Barton Fink - È successo a Hollywood

Sono dell’opinione che, quando non comprendo dove un film voglia andare a parare, mi sia difficile tenere conto di tutti gli altri suoi innumerevoli pregi.
Questo è il secondo film dei Coen, dopo Non è un paese per vecchi, che mi fa questo effetto. E la colpa è sempre dei finali volutamente eccessivi.

Pregevole la scena semi-conclusiva, con l’albergo in fiamme ed un Goodman in stato di grazia. Bravo Turturro, tutto occhi, capelli, denti e mutandoni di cotone.
Spettacolari le scenografie, dimesse, mai chiassose, ma profondamente credibili, e la fotografia, ugualmente intrigante.

Nota: nei film dei Coen, a bordo piscina, c’è sempre un piede di mezzo 😉

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