Recensione su Bandersnatch

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Illusioni / 3 Gennaio 2019 in Bandersnatch

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Le premesse di Bandersnatch, il primo film interattivo del progetto Black Mirror di Charlie Brooker, sono eccellenti.
Pur usando uno spunto narrativo vintage come quello delle storie a bivi sperimentato in libri, fumetti e giochi fin dagli anni Ottanta (non a caso, l’epoca in cui è ambientato il film), Bandersnatch porta nelle case di tutto il mondo una effimera parvenza di quell’universo distopico che Black Mirror ha modellato a partire dal 2011. Tecnicamente (e pseudofilosoficamente), mi ha divertito il fatto che, qualunque scelta si faccia nel corso della visione, si giunge comunque a una conclusione entro i 90 minuti previsti. Per quanto, cioè, lo spettatore immagini di avere il controllo totale sul film, modellandone anche la durata, è il film che lo ha su di lui, in un buon gioco di scatole cinesi multimediali creato per illudere momentaneamente il pubblico.

A parte questo, il film originale Netflix diretto da David Slade e scritto da Brooker a parer mio non brilla per molti altri meriti, a partire dalla sceneggiatura che, pur caratterizzata (e forse inficiata) dalla struttura ludica a scelte multiple, difetta di buone caratterizzazioni di personaggi e contesti.
In particolare, ho sentito la mancanza (voluta?) di un corretto uso del romanzo usato dal protagonista Stefan (Fionn Whitehead) per creare il videogame: di cosa parla, esattamente? La trama resta sconosciuta, non si comprende quali elementi siano stati inseriti dal programmatore e quali derivino dal libro: quale peso ha il racconto sui comportamenti ossessivi del protagonista (e dell’attore protagonista che, a un certo bivio, si convince di essere Stefan)? Compaiono anche dei mostri vagamente infernali, ma poi Stefan sembra inserire di sua volontà nella trama del gioco un agente governativo…
Anche il riferimento alla vicenda biografica del suo autore lambisce vagamente il film, quando, invece, immaginavo che avrebbe avuto delle ripercussioni narrative più accattivanti del solo fatto che lui e il giovane protagonista si macchiano (a seconda del bivio scelto, obviously) di un crimine molto simile.

Insomma, penso che Bandersnatch sia un tassello utile alla progressiva crescita narrativa di Black Mirror, ma non rappresenta l’esperimento di Brooker più riuscito.

9 commenti

  1. TraianosLive / 3 Gennaio 2019

    ho fatto colazione coi Frosties, ho scelto la cassetta e il disco e poi ho spento.

  2. SteveJK / 5 Gennaio 2019

    Mi sento di obiettare. Il film interattivo porta a numerosi finali, e sta all’utente (spettatore non mi sembra un termine adeguato) decidere se fermarsi ed accontentarsi di quel finale o tornare indietro e sperimentare le altre possibilità. E nonostante ciò, confrontandomi con ciò che è stato scritto su Bandersnatch, non sono riuscito a toccare tutti i possibili finali, nemmeno dopo 120 minuti circa.
    Ci sono scelte che hanno conseguenze dirette sulla trama, ed altre (come i cereali o le cassette) che ne fanno solo da contorno.
    La trama e l’intrinseca interattività vanno a braccetto in questo prodotto, ma se poi estendiamo la veduta e lo integriamo in quello che è l’universo di Black Mirror, allora rientra nella perfetta filosofia distopica a cui ci ha abituati. Numerosissimi gli indizi che rimandano agli altri episodi: dai più plateali “METL HEDD” (Metalhead s4x05) e la clinica “Saint Juniper’s Medical Practice” (San Junipero s3x04), al simbolo che regna durante tutto il “film” (White Bear s2x02), fino alle numerosissime citazioni indirette durante uno dei finali in cui gli eventi si concludono in un documentario all’interno di un notiziario ambientato all’epoca “moderna” di Black Mirror.
    Questo “film interattivo” va a collocarsi perfettamente nel mosaico volutamente incompleto di Black Mirror. E, come ogni episodio, da una parte ne estende l’universo, e dall’altra va a consolidare gli eventi che lo hanno preceduto.

    p.s.
    Per chi è troppo pigro, le scelte automatiche ricadono sempre sulla scelta a sinistra, che portano ad una fine entro nemmeno 5 minuti. La giusta punizione per chi non ha compreso l’essenza di questa opera.

    • Stefania / 5 Gennaio 2019

      @stefano_benvenuto: che coincidenza, sto preparando un articolo sulla questione, Easter Egg compresi 🙂 Però, ti confesso che non ho capito la tua obiezione… Cosa stai “contestando”? Mi sfugge 🙂 Cioè, mi pare che si siano dette le stesse cose, riteniamo perfino entrambi che Bandersnatch sia un tassello importante del progetto di Brooker (la differenza sostanziale sta nel fatto che tu hai apprezzato il film, io no, perlomeno non particolarmente).
      A ogni modo, la tua chiusa (correttamente polemica) solleva un’altra considerazione interessante: pure lasciare che il film “proceda da sé”, con l’autoplay, senza che intervenga l’utente (o spettatore, o comunque lo si voglia concepire: perfino questo punto di vista, che si basa sulla percezione di sé rispetto al film e a Netflix, è un fattore che concorre a comporre l’aspetto interattivo e videoludico del film), fa parte dell’operazione: l’autoplay porta a finali precisi. Il fatto che l’utente (o quel che è) voglia subire “passivamente” il film rientra esattamente nella filosofia del progetto Black Mirror e , benché possa essere anche sintomo di pigrizia, fila perfettamente nella logica di Brooker.

      • SteveJK / 5 Gennaio 2019

        Principalmente contestavo ciò che dicevi riguardo alla durata che non è fissa, come fai intendere inizialmente, ma varia in base alla scelte (e non), cosa che di seguito confermi. In secondo luogo, i personaggi/attori che ruotano attorno a Stefan mi sono sembrati perlomeno degni di sufficienza; certo, in alcuni casi si potrebbe pure parlare di cliché (il capo assetato di guadagni, il mentore che consegna all’eroe la chiave per svelare il mistero), ma sono parte del teatro di Bandersnatch: da un lato ci mettono al sicuro, facendoci illudere di aver compreso le regole “del gioco”; dall’altro diventano appigli per il nostro senso di estraneazione dopo i ripetuti “finali”. Cosa sono esattamente i personaggi? Entità autocoscienti oppure cosiddetti “NPC” (Non-Playable Characters)? Dal momento che attraverso le nostre scelte modifichiamo il volere del personaggio principale, si tratta di un’ennesima coscienza intrappolata in un perverso gioco di Black Mirror (vedi: special 2014 “White Christmas”, s3x02 “Playtest”, s4x04 “Hang the DJ”, s4x06 “Black Museum”)? Oppure si tratta di una sorta di “bug/virus” presente all’interno dello stesso libro Bandersnatch che ha portato alla follia il suo stesso creatore, e conseguentemente Stefan, ed ancora Pearl Ritman che nel “presente” tenta di ricreare il gioco ma finisce con l’essere vittima del “nostro” volere?

        In ogni caso, aspetto impazientemente il tuo articolo a riguardo. Positivo o meno che sia!

        (perdona il commento doppio)

  3. SteveJK / 5 Gennaio 2019

    Principalmente contestavo ciò che dicevi riguardo alla durata che non è fissa, come fai intendere inizialmente, ma varia in base alla scelte (e non), cosa che di seguito confermi. In secondo luogo, i personaggi/attori che ruotano attorno a Stefan mi sono sembrati perlomeno degni di sufficienza; certo, in alcuni casi si potrebbe pure parlare di cliché (il capo assetato di guadagni, il mentore che consegna all’eroe la chiave per svelare il mistero), ma sono parte del teatro di Bandersnatch: da un lato ci mettono al sicuro, facendoci illudere di aver compreso le regole “del gioco”; dall’altro diventano appigli per il nostro senso di estraneazione dopo i ripetuti “finali”. Cosa sono esattamente i personaggi? Entità autocoscienti oppure cosiddetti “NPC” (Non-Playable Characters)? Dal momento che attraverso le nostre scelte modifichiamo il volere del personaggio principale, si tratta di un’ennesima coscienza intrappolata in un perverso gioco di Black Mirror (vedi: special 2014 “White Christmas”, s3x02 “Playtest”, s4x04 “Hang the DJ”, s4x06 “Black Museum”)? Oppure si tratta di una sorta di “bug/virus” presente all’interno dello stesso libro Bandersnatch che ha portato alla follia il suo stesso creatore, e conseguentemente Stefan, ed ancora Pearl Ritman che nel “presente” tenta di ricreare il gioco ma finisce con l’essere vittima del “nostro” volere?

    In ogni caso, aspetto impazientemente il tuo articolo a riguardo. Positivo o meno che sia!

    • Stefania / 6 Gennaio 2019

      @stefano_benvenuto: ora, il tuo commento mi è più chiaro, grazie 🙂
      I 90 minuti a cui faccio riferimento vengono indicati da Netflix sulla piattaforma come durata (standard, evidentemente) del film: io intendevo dire che, facendo quel che ho fatto (probabilmente, le scelte più ovvie e banali 😀 ), sono riuscita a stare esattamente all’interno di quell’arco temporale. Insomma, Netflix sa già quanto tempo occorre per fare un certo percorso, ha il controllo totale sulle azioni dell’utente/spettatore (come lo ha sul protagonista/creatore/giocatore): è una cosa interessante, vista nell’ottica del progetto.
      Per quanto riguarda le caratterizzazioni, più che altro (non l’ho spiegato nella recensione, pardon) mi ha deluso e lasciata interdetta il fatto che la storia si svolge negli anni Ottanta (1984): questo dato temporale ha un’utilità? A me sembra di no. Tanto che la figlia di Colin riesuma il gioco nel futuro (forse, il nostro presente). Questa cosa sa di “maledizione di Tutankhamon” (un tesoro maledetto disseppellito in due occasioni, prima da Stefan – il romanzo- poi da Pearl – il gioco), ma che senso ha avuto, revival musicale a parte, ambientare la storia nel passato? Il 1984 (al di là del riferimento a Orwell e quanto ne consegue a livello concettuale) influisce sui comportamenti e sulla definizione dei personaggi? Mmmmmboh…
      Invece, è molto interessante quello che mi fai notare (grazie!): “cosa sono esattamente i personaggi? Entità autocoscienti oppure cosiddetti “NPC” (Non-Playable Characters)?” Facendo un parallelismo (dovuto, è vero!) ai videogame, lo stesso Bandersnatch, per estensione, può essere considerato un video-gioco, nel senso più letterale del termine. E, quindi, può contenere delle caratteristiche strutturali, come queste, tipiche dei videogame.

      P.s.: l’articolo è una specie di guida all’episodio che riassume un po’ di “dati”, penso che non conterrà niente che tu non sappia già 😉 E sarà particolarmente neutro! Niente considerazioni soggettive 😀

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