Su Avatar / 17 Maggio 2013 in Avatar
Non è che la trama di Avatar sia banale: è semplice, questo sì, posso concedervelo, ma non banale. Veleggiamo, infatti, dalle parti dell’archetipo, dell’avventura più classica che ci sia, eppure Avatar stupisce e, ebbene sì, emoziona.
Non so in quanti sarebbero stati capaci di stare dietro ad una trama complessa. Io no: io ero già in estasi quando tiravano Sully fuori dal lettino criogenico e mi stavo perdendo nel tunnel infinito dell’astronave, figuratevi dopo.
Voi avete davvero ascoltato le parole di Jake? Perché per me, nei primi minuti, erano quasi un rumore di fondo, nulla di più.
Non avrei potuto seguire una trama complessa, perché mi sarei smarrito per le foreste di Pandora, e non avrebbe senso descrivere le meraviglie della Pandora notturna e diurna, così com’è difficile, a parole, far capire in che cosa sia diverso il 3D di Avatar.
Non è il film che viene verso di noi, è il nostro sguardo che entra “nel” film, siamo noi a capire che quel mondo è vasto, profondo e che merita di essere esplorato.
Avatar è una fiaba di fantascienza che cresce fino a sconfinare nell’epica.
È il più grande film di tutti i tempi? Certo che no.
È una pietra miliare? Sì. Forse non ai livelli di Star Wars – Episodio IV, ma sicuramente con Avatar vengono definiti nuovi standard, tecnici e artistici, e, credetemi, non vorrei essere nei panni di chi si dovrà confrontare con questo che è, in fin dei conti, un capolavoro (sto pensando a Sam Raimi e al lavoro che gli toccherà fare su Warcraft).
Per concludere, grazie zio Cameron. Potete dire che i suoi sono solo effetti speciali, potete dire che la storia è scopiazzata, che i personaggi sono monodimensionali, che è solo tecnica, ma James si è ricordato che cos’è il cinema.
Il cinema è spettacolo.

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