Una perla degli ultimi anni del muto / 13 Giugno 2016 in Arsenale

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Arsenale è uno dei diversi film di propaganda di taglio commemorativo prodotti nell’Unione Sovietica negli anni Venti del Novecento. In questo caso, si rievoca la rivoluzione proletaria in Ucraina del 1918, che nel film ha un esito infausto, con l’eccezione del propagandistico finale in cui il protagonista si scopre il petto, porgendolo ai nemici che stanno fucilando i riottosi, come una sorta di super-eroe ante litteram.
Un soggetto sicuramente non di primo piano, eppure il film è innegabilmente un grande prodotto, per tutta una serie di ragioni.
È innanzitutto intriso di un’estetica intensissima, a tratti teatrale, come dimostra la scelta di mostrare personaggi immobili, soprattutto nella parte iniziale; assorto in un’immobilità straniante è anche lo zar Nicola II, che pensa alle ultime, banali parole da annotare sul suo diario, prima che la rivoluzione lo detronizzi: “Oggi ho sparato a un corvo. Bel tempo.”
Assolutamente memorabile la scena del gas esilarante e del soldato che inizia a ridere come un matto davanti agli orrori della guerra perché si è tolto la maschera protettiva. Come memorabile è l’inquadratura del cadavere del soldato morto con il sorriso sulle labbra, una grande, surreale ma azzeccatissima invenzione da parte di Dovženko.
Un regista che rivela in più punti la sua derivazione stilistica dall’espressionismo: splendide sono le inquadrature diagonali che si susseguono per tutta la pellicola, a tratti giocando con la geometria e fornendo alcuni apprezzabili scorci prospettici.
Debitrice dell’espressionismo è anche la fotografia di Demutsky, che dà il suo meglio soprattutto nelle scene iniziali di guerra.
Tutta la parte iniziale è in realtà fenomenale, poi il film inizia ad accusare un calo per certi versi inevitabile (mantenere l’intensità espressiva e stilistica dei primi venti minuti sarebbe stato francamente impossibile).
La scuola russa ha prodotto dei veri professionisti del montaggio creativo, da Kulešov ad Ėjzenštejn, e Dovženko non è da meno: oltre agli interessanti montaggi paralleli della prima parte, almeno due sequenze sono notevoli da questo punto di vista, quella della fisarmonica durante l’incidente ferroviario e quella dell’avvicinamento progressivo dei piani sull’uomo, una sorta di zoomata a scatti.
La recitazione eccezionale di quasi tutti gli attori, priva delle consuete esagerazioni teatrali del muto, rende questa pellicola uno dei più interessanti film dell’ultima età del muto, sicuramente da un punto di vista stilistico.

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