Recensione su Apocalypse Now

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30 Dicembre 2013

Cerebrale, drammaticamente cerebrale.
Apocalypse now può apparire, di primo impatto, un’accozzaglia di scene epiche, consapevolmente profuse per essere regalate alla storia del cinema (quella iniziale sulle note di “The end” dei Doors, l’attacco al villaggio vietcong condito dalla “guerra psicologica” delle Valchirie di Wagner…), e di qualche altra francamente un pò soporifera, soprattutto nel finale.
Ma é probabilmente l’angosciante senso di ignoto che aleggia in tutta la pellicola a confondere le idee e a lasciare quell’impalpabile senso di inquietudine e incompletezza.
Sensazioni cristallizzate e sintetizzate da quel tormentato sussurro di Brando: “L’orrore”.
Il viaggio lungo il fiume come una dantesca, ancora più che conradiana, discesa agli inferi.
Una parte finale drammaticamente cerebrale, esaltata dalla tetra fotografia di Storaro, premiata con l’ennesima statuetta “ad cupagginem”.
Apocalypse now é uno di quei pochi film che mi ha lasciato interdetto, incapace di esprimere giudizi razionali e netti.
Uno di quei pochi film che avrei voluto ricominciare a vedere appena dopo averlo terminato, in preda a una corrodente vertigine dell’ignoto.

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