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Antichrist

/ 20096.7321 voti

La presunzione di Von Trier. / 3 Luglio 2022 in Antichrist

Mi domando perché, fra tanti mestieri, Von Trier abbia scelto proprio quello di regista, con tutto il rispetto nei suoi confronti per me i suoi film sono un lampante esempio di cosa non dovrebbe essere il cinema.
Premetto che non sono una persona che vede i film in modo superficiale, sono un tipo che cerca, ovviamente in basse alle scarse potenzialità di cui Madre Natura l’ha dotata, di cogliere sempre qualche messaggio nascosto in ciò che vede o in cio’ che legge ma qui, per quanto mi sforzi, non riesco a cogliere altro che il nulla assoluto.
Sarà la mia idiosincrasia per il regista danese, sarà che in questo periodo non sono in vena di affrontare simili visioni, fatto sta che questo film mi ha messo addosso un senso di fastidio come non provavo da tempo.
Ero rimasta colpita dal prologo del film, a mio parere un autentico capolavoro di fotografia, ma poi mi sono trovata davanti al nulla, un nulla a tratti irritante, un film senza alcun senso(lo so che molti sono riusciti a vederci milioni di simboli, sono riusciti a dargli milioni di interpretazioni, ma io non ce l’ho fatta proprio, sono spiacente) e ciò che mi fa maggiormente incavolare è che i primi sei minuti mi stavano quasi facendo ricredere sulle potenzialità di questo regista, stavo quasi per gridare al capolavoro, ma sono rimasta irrimediabilmente, ancora una volta, delusa.
Ciò che più mi ha dato fastidio è la mancanza di idee da parte di Trier, questa sua voglia di scandalizzare mettendo insieme immagini forti costruite ad hoc che, alla fine, risultano solo fasulle.
E’ un film che alla fine non ti lascia niente, che non ti colpisce, che non ti coinvolge, che non ti scandalizza come avrebbe dovuto secondo la sua idea.
Molto probabilmente il suo intento era quello di colpire come un pugno nello stomaco la mente e la psiche dello spettatore, ma fallisce nel suo compito, trasformando il suo film in un’ accozzaglia di immagini messe lì, senza alcun senso logico.
Peccato perché i primi sei minuti e la splendida fotografia mi avevano, come detto, fatto gridare al miracolo e invece mi sono trovata davanti il solito regista con la sua solita presunzione di saper fare dei film d’autore.

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Ansiosissimo / 6 Luglio 2016 in Antichrist

angosciante, disturbante, inquietante.
interpretazione fantastica.
tutto quel che mi aspettavo.
dovendo proprio trovare un neo…non mi è piaciuto il doppiaggio.

Profondamente disturbante! / 8 Settembre 2015 in Antichrist

Film profondamente disturbante, già dal prologo. Con questa pellicola, Lars Von Trier ci accompagna attraverso le paure e il lato oscuro della psiche umana, e descrive in maniera cruda il suo lungo periodo di depressione, lasciandoti un senso di dolore e disgusto.

18 Maggio 2015 in Antichrist

Credo di non esagerare se dico che questo è uno dei film più estremi e disturbanti della storia del cinema, o almeno sicuramente del cinema cosiddetto d’autore.
Qualche tempo fa, il buon Von Trier ha attraversato la sua personalissima selva oscura, cadendo in un periodo di depressione che ha deciso di curare (anche) continuando con il suo lavoro e tirando fuori il film de quo (Dante, invece, aveva pensato bene di scrivere la Divina Commedia, ma erano altri tempi).
Una pellicola del genere se la facessi io o voi (o i nostri vicini di casa), verremmo immediatamente rinchiusi e la chiave buttata nella Fossa delle Marianne.
Ma l’ha fatto Von Trier e quindi siamo qui a parlarne come (l’ennesima) esperienza cinematografica autoriale sui generis prodotta dal cineasta danese da molti apprezzato se non proprio idolatrato.
Adesso, a parte le battute, questo film è indubbiamente forte, sciroccato, capace di far discutere.
È un’esperienza estrema come il base jumping dalla stratosfera (alla Baumgartner, per intenderci).
Ci va il pelo sullo stomaco, come si suol dire.
È una pellicola le cui esplicite manifestazioni gratuite di violenza, orrore, sesso (mischiato a violenza ed orrore fino a sconfinare nel sado-maso cruento), lasciano a dir poco interdetti.

Il film inizia con un prologo tecnicamente molto interessante. Un rapporto sessuale con tanto di penetrazione esplicita al ralenti, subito in apertura, che sta lì ad avvertire lo spettatore che si fosse eventualmente approcciato alla pellicola senza sapere bene a cosa andasse incontro.
Quell’immagine scuote inconsciamente per la sua gratuità (avete presente Tyler Durden in Fight Club che monta fotogrammi porno in mezzo alle pizze che proietta nei cinema per famiglie? Ecco più o meno siamo a quei livelli).
Poi c’è il dramma.
Fine del prologo.
Inizia il senso di deja-vu.
Kieslowski, Film Blu.
Una madre (anche lì un’attrice francese, peraltro fisicamente simile) che elabora il lutto familiare in un modo assolutamente particolare.
Ma qui Von Trier va oltre. Va decisamente oltre.
Inizia la scalata su pareti inesplorate della cinematografia.
O forse no.
Perché il senso di deja-vu continua ad accompagnare lo spettatore, cui sembra di assistere, prima, ad uno dei tanti horror debitori a L’esorcista. Poi, nella drammatica e violenta escalation finale, ad uno splatter alla Hostel.
Il tutto condito da scene di sesso esplicito, che spesso sfocia nel violento e nel sanguinolento, oltre ogni immaginazione.

È un film estremo, dicevo, ma non so neanche più se si possa parlare di cinema in casi del genere.
È una auto-terapia psichiatrica (resa pubblica) di una persona che non stava bene e che ha cercato di esorcizzare la propria squilibrata visione della donna.
Un regista che chiude 100 minuti di pellicola con una dedica a Tarkovskij, magari covando la segreta speranza che richiamando un genio si venga a propria volta identificati in quella categoria.

Non mi sento di dargli un voto, ed è la prima volta che mi capita.
Nonostante tutto il biasimo che gli si possa far colare addosso, infatti, Antichrist non può non essere considerata un’opera interessante. Da vedere, con le dovute avvertenze, anche soltanto per capire i limiti fino ai quali la settima arte e la creatività pura possono spingersi.

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13 Aprile 2015 in Antichrist

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Una spostata affetta da delirio mistico-delirante sposa lo psicoterapeuta più scrauso al mondo, ci fa un figlio e lo lascia cadere dalla finestra.
Poi vanno in gita in montagna e lui eiacula sangue a arriva bambi con i suoi amichetti e lei gli pianta una ruota nella gamba ma poi si pente ma non trova più la chiave inglese insomma succede un casino!

9 Aprile 2015 in Antichrist

Profondamente disturbante, analitico e splendidamente simbolico, Antichrist è un’opera estrema e riuscita, che torce le budella fin dall’eccellente prologo in bianco e nero, accompagnato solo dall’aria del Rinaldo di Handel; Lars Von Trier non è di certo digeribile da tutti ma a me è parso che Antichrist sia innegabilmente un’opera importante, sentita, viscerale e sia che la si ami sia che la si odi non può lasciare indifferenti. Ho apprezzato molto la tematica -seppur la visione nera del regista, nella sua interezza, risulti difficilmente condivisibile- declinata secondo un genere che non mi sarei aspettata, l’horror psicologico con un tocco di gore. E qualsiasi cosa decida di fare Lars, la farà bene: in un bosco che sembra partorito dalla mente di Bosch (e quanta bellezza in quei rami, che inquadrature, specialmente una sul finale che ricrea le forme e le atmosfere di Bosch inquietando moltissimo), si consuma una lotta tra mente razionale e irrazionale, uomo e natura, uomo e donna, attraverso immagini anche essenziali, violentissime, fino al finale sibillino, che io ho interpretato in un certo modo, insieme a quei tre simboli celesti e animali che così efficacemente scandiscono i capitoli in cui è diviso il film. Senza rivelare troppo, ho trovato che il simbolismo sia stato gestito molto bene, tirando poi le fila nel finale caotico, desolante, così mordace. In questa distruzione interiore del singolo piuttosto che del pianeta terra e dell’umanità tutta di Melancholia ho sentito che Lars ha affondato ancora più profondamente la lama, realizzando di fatto un film terribile e irrinunciabile, che non so se voglio rivedere domani ma che ho sicuramente amato tanto ieri.

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“Lascia ch’io pianga mia cruda sorte, e che sospiri la libertà…” / 27 Maggio 2014 in Antichrist

Io credo che questo film debba essere visto sotto due aspetti prevalenti.
Il primo è quello strettamente personale del regista. Von Trier ha dichiarato, in merito alla genesi di questo film, di aver sofferto di un lungo periodo di depressione. Periodo che in parte è riuscito ad esorcizzare grazie alla realizzazione di Antichrist e che rimanda quindi a un tipo di cinema che si potrebbe definire “sincero”, dove il regista si mette completamente a nudo nei confronti del pubblico. Personalmente, mi intrigano molto questi lavori dove l’autore decide di trasformare la cinepresa in un lettino da psicoterapia. Antichrist potrebbe essere visto, in una delle sue tante chiavi di lettura, come un grande e claustrofobico incubo di Von Trier, dove le paure e i timori più inconsci del regista vengono portati lentamente a galla, in una spirale onirica di violenza e sofferenza.
L’altro aspetto (più generale, ma comunque riconducibile al primo) può essere una sorta di “cammino del dolore”, necessario per la ricerca di un’espiazione morale, che Von Trier racconta attraverso i corpi e le menti dei due coniugi. Lo strazio a cui si è sottoposti sin dai primi minuti è un crescendo ricolmo di sequenze, ambienti e visioni crude e soffocanti (che spesso si affidano ad un certo citazionismo, ad esempio la foresta dell’Eden). Tutto è una parabola lenta, ma fortemente discendente. A volte dotata di una gran messa in scena, curata in maniera maniacale, ed a volte con un’eccessiva voglia di specchiarsi in un sensazionalismo forse non necessario.
Tecnicamente comunque, si può parlare di un’opera valida (a testimonianza di ciò, l’evocativo prologo), con un bel comparto sonoro e due interpreti eccellenti. Dafoe è convincente, così come Charlotte Gainsbourg, ennesima prova della bravura di Von Trier nel trarre il massimo dai “suoi” ruoli femminili.

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21 Settembre 2013 in Antichrist

Fai due scarabocchi, confezionali a dovere, e troverai sempre qualcuno che riesce a vederci un qualche capolavoro.
C’è fare e c’è strafare, questo senza dubbio mi è sembrato il secondo caso, ottima la regia, ottimo cast ma… il contenuto?
Povero, tremendamente povero, raffazzonato e persino banale, volutamente criptico forse anche per pararsi il fondello.Non basta shockare e applicare un bel filtro per sfornare un capolavoro. Sei tirato, perchè anche se è uno scarabocchio, resta veramente ben confezionato.

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19 Luglio 2013 in Antichrist

Estremamente disturbante.

11 Luglio 2013 in Antichrist

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

È molto strano questo regista, non riesco ancora a decidere se mi piace oppure no. Vero che ho visto pochissimi dei suoi film eh, ma tra loro c’è una netta differenza di valutazione: Idioti non mi è piaciuto per nulla, Dancer in the dark mi è piaciuto moltissimo, Dogville e Melancholia hanno entrambi qualcosa che mi ha entusiasmata e qualcosa che non mi ha affatto convinta.

Antichrist lo considero il migliore fin’ora.
Il prologo è bellissimo quasi quanto il riassunto iniziale di Melancholia. Tutta la parte iniziale del film, prima del bosco per intenderci, l’ho trovata interessantissima e decisamente realistica, non mi stupisce sapere che il regista ha sofferto di depressione e sia un fobico, la precisione seppure essenziale con cui ha mostrato la depressione, l’ansia ed il panico può venir fuori soltanto da qualcuno che la paura mentale e fisica unita alla disperazione la conosce bene.
Spostare poi queste sensazioni da moglie a marito è perfetto, le immagini del corpo in tensione nello stato di ansia ed agitazione più acute mostrate nel momento in cui lei è imprigionata nella sua profonda tristezza ed usa la violenza contro se stessa, mostrate anche quando lui la uccide, il panico e la violenza si tengono sempre per mano in questo film.

Inizialmente mi chiedevo come mai fosse inserito ovunque nel genere “horror”, ma de che?
Poi l’ho capito. Ma non subito. L’ho capito la mattina dopo averlo visto, quando mi sono svegliata e mi sono tornate alla mente alcune immagini del film ed ho rabbrividito. Ma proprio che mi si è creata una brutta sensazione, quella classica di quando si guarda qualcosa che ci disturba e ci inquieta.
La volpe, oh a me m’ha inquietata! Sarà che mi fa paura ciò che agli altri fa ridere e viceversa, sarà che mi immedesimo troppo facilmente nelle situazioni ma quel vocione che dice “il caos regna” non me lo aspettavo proprio.
La voce del bambino che piange e non si capisce da dove proviene e che viene descritta come il pianto delle cose destinate a morire.
Le mani tra le radici dell’albero (bellissima immagine tra l’altro).
Il feto morto ancora attaccato alla mamma cervo.
Insomma, se Lars si desse al genere horror da qui in avanti penso che mi creerebbe dei traumi. Una cosa l’ho capita: come mostra lui le emozioni più brutte provate dall’uomo, nessuno lo fa. Arriva dritto al punto, è crudo, capace di risvegliare quel qualcosa che l’essere umano tenta sempre di nascondere dentro di sé e per questo motivo non guarderò mai più un suo film di sera prima di andare a dormire.
Sinceramente non riesco a descrivere bene quello che mi ha lasciato questo film, va in profondità ecco cosa fa, scava nella psiche e porta all’estremo la paura che a mio parere è il centro del film, la paura è l’unica vera protagonista. Paura che genera panico che porta alla paranoia che alimentata sempre di più si trasforma in follia.
Paura della morte, della natura, della donna, della natura stessa dell’uomo.

Era perfetto finché non si è arrivati al sangue, troppo esagerato a mio avviso. Improvvisamente è come se si fosse perso in un tentativo splatter che ha smorzato l’atmosfera che si era creata, risultando quasi ridicolo.
Il taglio del clitoride e l’eiaculazione al sangue, sì, che mi rappresenta? La violenza continuata per forza fino alla morte di lei… È andato oltre. Sembra quasi che non sapeva bene come farlo finire ed abbia provato con un finale shock. Ha rischiato di rovinare un intero film.

Non riesco a dargli un voto ma assolutamente lo rivedrò una seconda volta perché merita davvero.

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non è da buttare via. / 29 Giugno 2013 in Antichrist

La paura della natura.
La paura della donna.

…dedicated to Andrei Tarkovsky.

Una pellicola fra dolore, pene, amore, morte, desiderio, incubi, persecuzioni fatta da un regista pieno di fobie. Fobie e sofferenza, messe insieme, daranno Antichrist.

Due attori, due personaggi e mezzo, uno scenario ed un contesto da brivido, un gioco di luci ed ombre, una storia angosciante e tremenda. Valuto il film in modo positivo. Il dramma della coppia, la perdita del figlio, la sanità mentale della protagonista da recuperare sono gli elementi che mi hanno colpito in bene. Purtroppo però, anche qui, si abbonda di scene evitabili. Alcune vanno al di sopra del grottesco, decisamente evitabili, vengono addirittura ripetute. Questo mi ha deluso. La prima mezz’ora sono stato incollato allo schermo, non lo nego. Tutto parte da una scena al rallentatore, due coniugi che fanno sesso, sono scene ricche di inquadrature al dettaglio e primi piani.
La telecamera si sposta ed inquadra un bambino.
Egli da solo riesce ad aprire un cancelletto, prendere una sedia e a gettarsi dal terzo piano. L’impatto a terra è il momento culminante nell’orgasmo fra i due.
Dolore e piacere, eros e thanatos. Dal b/n si passa ai colori. Colori usati per un momento triste ovvero per il funerale.
La madre per la perdita cade in depressione, ha una brutta cera, sembra invecchiata di 30 anni. Il marito psicoterapeuta cerca quindi di riportarla alla normalità, passatemi il termine, cercando di curarla egli stesso. Ella ha mille paure, una delle tante è tornare in un luogo immerso nella natura dove l’anno prima passò un periodo della sua vita assieme al figlio. Fin qui nulla da criticare ma il continuo riproporre di scene sconvolgenti o che dovrebbero essere così considerate, mi ha portato a storcere un pochino il naso verso quello che poteva essere più di una pellicola che mi è piaciuta e nulla più. Si passa dallo psicologico al grottesco e sadismo con facilità. Animali nati morti o che muoiono dopo poco esser nati (rimando al bambino), una volpe che urla: “Chaos reigns” come se nel suo strazio uscisse il Mortalcombattiano “Fatality” ha fatto abbassare il mio giudizio finale. Durante la cura poi, per ogni passo in avanti realizzato dalla moglie/madre ne abbiamo uno all’indietro del marito/padre. Oltretutto con il progredire della pellicola si scoprirà quanto la madre sia coinvolta nella morte del bambino e come veda il ruolo della donna…

DonMax

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24 Aprile 2013 in Antichrist

Anche se, in casi come questo, le parole mi sembrano superflue, volevo comunque esprimere tutta la mia ammirazione per questa fantastica opera.
Questo film è arte, ogni singola inquadratura. La fotografia è fantastica, davvero, impossibile staccare gli occhi dallo schermo.
L’unica cosa che mi ha fatta storcere il naso è stato il doppiaggio italiano, l’ho trovato un po’ fatto male, per questo molto probabilmente lo guarderò di nuovo, in lingua originale.
In ogni caso, direi che è un film assolutamente riuscito, e di sicuro lascia il segno vista la sua natura e la crudezza di alcune scene.

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“C’è del marcio in Danimarca” / 22 Aprile 2013 in Antichrist

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Inizio con le due cose che mi sono piaciute del film che sono la fotografia di Anthony Dod Mantle e l’interpretazione di Willem Dafoe.
Probabilmente è stata brava anche la Gainsbourg, ma mi è impossibile stabilirlo perché
ho visto il film in italiano, ed era doppiata da Valentina Carnelutti.
Mi sono documentato su di lei e guardacaso è figlia d’arte.
Ora,sarà un caso, ma recentemente è già la seconda volta che mi capita di pensare che una doppiatrice non si può sentire, vado a leggere di chi si tratta e salta fuori che è “figlia d’arte”.

Ma passiamo alle cose negative del film.
Innanzitutto bisogna sottolineare che parliamo di un flop, un disastro del botteghino,
una catastrofe del grande schermo, un buco nell’acqua, un fallimento, un fiasco, un totale insuccesso che di fronte a spese per 11 milioni di dollari ha saputo incassare
solo 2,5 milioni.
Perché riporto questo dato? Perché su questo film si possono esprimere milioni di opinioni, si possono accampare mille scuse e giustificazioni ma poi stringi stringi mi piace pensare che esistano anche i fatti.
Si, i fatti sono fastidiosi, spinosi, sicuramente meno malleabili delle opinioni, ma hanno
l’innegabile vantaggio di permetterti di fare le dichiarazioni perentorie.
E’ così si può sicuramente dire che questo film fa schifo, senza tema di smentita, e non si può dire che sia un capolavoro senza che uno non ti risponda: si, un capolavoro di disastro.

Oh, ma a questo punto mi sembra di sentire una vocina ♪…
Oh! ma è la volpe parlantina che mi chiede come oso misurare il successo dell’artista-genio-maestro-alternativo-di nicchia-ma con milioni di fan sfegatati Von Trier ♫ in termini di incassi!? come oso assimilare lui a qualsiasi altro regista del caos-creato? ♪

Beh la risposta è che io non pretendo che lui faccia gli incassi di un blockbuster…
ma che almeno copra le spese… sarebbe dignitoso.
In fondo Dancer in the dark aveva lo stesso budget di questo film, è dello stesso regista
e ha incassato circa VENTI VOLTE TANTO questo film.
(anche Dogville è andato benino, mentre Le onde del destino è stato un altro flop)
Mi concederai volpina del caos che questo dato un pò di significato ce l’ ha.

♫ E a questo punto la volpe del caos mi guarda con occhioni da cerbiatto abortito
e mi ricorda che ♪ “questo film nasce da un lungo periodo di depressione e costituisce un tentativo di terapia su grande schermo” ♫

si ma allora io mi chiedo, è il pubblico che deve pagare il biglietto del cinema o
è il regista che deve pagare la parcella?
non è oggettivamente poco interessante, direi a livello di reality, saturare il film
dei propri problemi personali, fare parlare i propri personaggi come te stesso,
farli comportare tutti in modo razionalmente illogico ma rispecchiante appunto la sola “logica” tua di persona depressa e con chissà quali altri problemi?
No, perché è uscito fuori il suo film più misogino, disgustoso e gratuitamente provocatorio (sto citando).
Bisogna porsi in maniera proprio pregiudiziale per non vedere i difetti di questa pellicola.
E’ il suo film più squilibrato, in cui il terrore di Von Trier nei confronti della donna
infesta ed ammorba ogni cosa.
Per dichiarazione dello stesso regista è il suo film più sincero,non calcolato e impulsivo.
Praticamente questo film è la versione senza filtro dei precedenti.
Perciò di solito il regista è calcolatore (e mente), quando non si contiene si abbandona ad eccessi come questo incubo di film, in cui tutti noi dovremmo sprofondare allegramente.

E ancora lei ♫: il caos REGNAAA…♪

Senti volpina, mo un pò però mi hai rotto eh…
Tra l’altro il caro Von Trier poteva evitare di chiamare in causa il Kubrick di Shining (con l’isolamento dei protagonisti e il rapporto tra pazzia e scrittura) (citazione) perché
il paragone proprio non gli fa gioco.
Un pò di pudore in più l’avrebbe potuto dimostrare.
Ma a quanto pare non conosce neanche il significato della parola pudore
se in cento minuti di film ci deve propinare,
sequenze da torture porn,penetrazioni complete, infibulazioni e altro che non voglio neanche nominare.
Poi io non sono libero di dire che non sa più cosa diavolo mettere nei suoi film,
che espediente inventarsi per disturbare e far parlare di se.
“Nel bene o nel male, purché si parli di me” diceva lo scemo del villaggio.
Una certa critica lo sopravvaluta e lui si autocelebra, si teorizza e (cito):
“il gioco dura solo fino a un certo punto e alla fine arriva il momento in cui le carte
si scoprono e si vede che sono bianche, sopra non c’è scritto
un bel nulla.”
Abbiamo visto il contenuto del Von Trier pensiero più sincero ed era solo fuffa misogina,
masturbazioni al sangue e trivellazioni di polpacci.
A Cannes si è preso sonore fischiate, metà della critica lo ha affossato, mentre una volta lo teneva su un palmo di mano, ma ancora non si può dire che questo film sia stato un disastro.

Con Melancholia ha fatto un film abbastanza normale ma ha dato spettacolo
nelle conferenze stampa dichiarandosi simpatizzante hitleriano.
Ora pare voglia fare un altro film rattuso ninfomaniaco.
Però non chiamatelo porno. E’ catarsi, come avete già detto intelligentemente quassù. 😀

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ANGOSCIANTE! / 12 Aprile 2013 in Antichrist

Non amo molto il cinema di Von Trier, perchè per certi versi è incomprensibile…come anche alcuni dialoghi di questo film, angosciante, agorafobico, crudo e contorto… Eppure riconosco una mano ferma nella regia, molto più ferma delle riprese, devo dire! Protagonisti eccellenti, specialmente lei, un volto da pazza esaurita, messaggi subliminali intensi nascosti nella presenza di animali come il cervo, la volpe, il cerbiatto, il corvo… Notevole il prologo in bianco e nero, le scene di sesso mescolate alla musica lirica e nel momento del “piacere” l’inizio della tragedia…. Stupefacente! Un dramma intriso di horror e dolore. Brutto ma bello allo stesso tempo, 7!

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11 Gennaio 2013 in Antichrist

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Cosa c’è da dire dell’ultimo film del buon Lars Von Trier, che avevo bucato in Italia?
Che non ci ho capito quasi niente dei dialoghi, che sia lei sia lui sono stati scelti per la loro faccia un po’ da scimmia (e non mi venite a dire che lei fa sesso o è un tipo, please), che il prologo al rallenty in b/n con loro che scopano sulla lavatrice mentre il pupo vola dalla finestra sotto il cielo fioccoso di neve a Parigi sa un po’ di quelle pubblicità dei profumi D&G. E poi niente, che vuoi che sia, lui la psicanalizza, se la porta in una casa nel bosco (tra l’altro assolutamente identica a quella della serie de La casa) a elaborare il lutto per la perdita del bamboccio.
Inutilmente. Inutile provare a sottrarsi ai colpi bassissimi di scene violente voltastomaco che il buon Lars non si risparmierebbe mai. Non CI risparmierebbe. Ovvero, la vite della mola per affilare le lame conficcata nel polpaccio di lui e, soprattutto… rullo di tamburi per chi non lo sapesse già….
La scena di lei che si taglia il clitoride, con un paio di enormi forbici arrugginite. Pubblico in sala che soffre simpateticamente esclamando all’unisono “AHHHHYAA”, io che cercavo di tenermi insiemo lo stomaco. Oh, e il tutto visto dalla prima fila, mica noccioline.
Come film niente di straordinario, su Lars resto del giudizio che, provocatore quanto si vuole, sia pur sempre in grado di suscitare qualcosa. Cinematograficamente, dico. Che poi sia disgustoso o no a me non interessa.
AHYAAAAA!!!

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L’ultima tentazione di Von Trier / 25 Giugno 2012 in Antichrist

Ad una prima visione mi era sembrato banale,privo d’idee,vuoto.Dio benedica la seconda visione.Personalmente,qualche mese fa gli avrei dato 5,quasi 4,oggi ero indeciso sul 9.Probabilmente è il film più oscuro,malato e nudo di Lars Von Trier.Un Von Trier che parte da Hendel per arrivare al massimo dell’esasperazione umana.Von Trier è lucido,stavolta,davanti ad una macchina da presa traballante e quasi in stile Dogma,mentre zooma su due persone intente a consumare un atto sessuale ripetuto.Per Von Trier questo è il massimo rapporto uomo-donna esistente.Intanto il loro bambino precipita dalla finestra e nessuno se ne accorge.Il prologo è la parte più emozionante del film,forse il miglior prologo della recente storia del cineasta danese.Von Trier è un ribelle e il suo cinema ne risente.Qui vede la Natura come n qualcosa di reale,visibile,demoniaco.La Natura è contro l’Uomo perchè non lo sopporta.Non sopporta le sue smanie di potere,non sopporta la sua presunzione,non sopporta la sua voglia di naufragare verso un nuovo io.Willem Defoe è l’Uomo.Charlotte Gainsboug è la Donna.L’Uomo vuole controllare la Donna così che non faccia cose irreparabili,ma non si accorge che tutto intorno a lui l’orrore si consuma.Questo è Von Trier all’ennesima potenza:Creare un horror visionario e profondo chiudendo in una casa in un bosco due esseri viventi alle prese con il loro dolore.”Antichrist” è la base del cinema del danese:Un suo imprescindibile manifesto che trascende “Idioti” e si pone alla base delle stranezza consuete dei vari film del grande regista.Perchè “Antichrist” non è solo liberatorio,ma è anche spudorato e immensamente folle e quindi vontrieriano.Il Male si annida in noi,fa della paura un suo complice,non c’è via di scampo dal nulla in cui siamo immersi.Non è un bugiardo Von Trier:Non fa cinema per sperimentazione,non oppone ostacoli alla realizzazione dell’opera,ma fortunatamente non si perde in qualcosa di astratto,di impossibile.Il suo ultimo suicidio cinematografico è un film sulla paura più difficile da battere.Come riprendersi sapendo che la perdita di un figlio dipende da noi?Ma da che dipendiamo noi?Probabilmente la seconda visione ci vuole.Superficialmente il film non può e non deve essere visto.Un film del genere merita cento,mille visioni,dove troverete sempre un dettaglio diverso,un piccolo sigillo fuori posto,un’inquadratura strana.Von Trier dirige un coraggioso romanzo cinematografico di auto-commiserazione.L’espiazione dai peccati passa dalle origini dei peccati stessi.L’allontanarsi dal luogo del peccato nuoce a chiunque.”Antichrist” non è solo una delle maggiori opere cinematografiche del 2009,ma è anche un fondamento giusto e lecito per il cinema europeo contemporaneo.Troppo difficile per un dodicenne.Troppo adulto.E troppo segnato.Ma un quindicenne dalla visione resta estasiato.E finalmente,posso dare a Von Trier un 9 di cuore.Dal 5 di partenza ,è un bel salto di qualità.

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Una volta e mai più / 22 Giugno 2012 in Antichrist

Credo che questo sia il classico film che nella vita vedi una volta sola, e poi mai più. Crudissimo, dolorosissimo, una mazzata nello stomaco, a tratti insostenibile. Tuttavia mi è piaciuto, e molto… un Dafoe superbo, ancor più della controparte femminile, che si fa strada faticosamente in una foresta di dolore, disperazione, sesso nella sua forma più animale, paura, crudeltà insita nell’animo umano. Ovviamente, il prologo è un piccolo capolavoro di per sè; quell’aria del “Rinaldo” mi ha perseguitata per giorni.
Forse troppo sopra le righe, persino per uno come Von Trier, ma lo trovo emblematico sia del percorso psicologico affrontato dal regista sia, in minima parte (o perlomeno, quello che io sono disposta ad accettare) di quello umano.
E ricordate…. il caos regna.

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27 Febbraio 2012 in Antichrist

prologo da applauso anche se vagamente indugiante nel solito autoerotismo cinematografico alla von trier. oltretutto, a fare la parte da leone sospetto grandemente sia l’eccellente colonna sonora. per il resto un film sciocco e noioso da morire. vendita al dettaglio di parti anatomiche raramente celebrate in tutta la loro carnalità se non in film di più ampio respiro (rantolo?) quali “mora dalle piccole tette vogliosa di sesso”, il quale per inciso non è un titolo di mia invenzione anche se ben si adatterebbe come frase di lancio di “antichrst”. però non ditelo al regista o ai suoi estimatori, chè qui il sesso è catartico, sia chiaro. roba da intellettuali, mica pizza e fichi.

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17 Ottobre 2011 in Antichrist

Questa a settimana ho fatto una full-immersion notturna di Von Trier che ho concluso un paio di notti fa con “Antichrist” la sua ultima fatica dedicata – non si sa perchè – a Tarkovskij.
Detto questo, se la precedente opera cinematografica di Von Trier mi aveva convinto (“Le onde del destino”) ed emozionato, nel bene (“Dancer in the dark”) e nel male (“Dogville”), questo “Antichrist” fa davvero schifo. Non solo perchè si propone di essere una inutile e grottesca escursione nell’horror, ma perchè non ha proprio stile, nè classe, nè eleganza.
Sceneggiatura banale, confezionata con quelle quattro nozioni di psicologia che sanno anche i muri e che ormai non impressionano nessuno. Questa già è una grossa pecca.
In più la componente ossessiva che punta sul sesso, sconfinando nell’orrido è fine a se stessa, priva di una logica catarsi e abbellita di un virtuosismo inutile ostentato solo per voler impressionare.
Un conto è essere politically uncorrect, un altro è esserlo perchè si ha qualcosa da dire. Qui da dire non c’è nulla.
La natura percepita come l’anticristo è un concetto che fa sorridere anche Darwin e la misoginia che tutti dicono essere una costante di Von Trier, qui a differenza degli altri film si percepisce perchè in essenza di altro emerge solo la brutalità delle scene finali (coiti di sangue, infibulazioni fatte in casa..).
Insomma, un’operazione inutile, sostenuta solo dalle solide interpretazioni di due grandi interpreti (Charlotte Gainsbourg e Willem Dafoe).
Unica scena interessante è il prologo in bianco e nero, musicato da Hendel. Il resto si può buttare.
Speriamo che “Melancholia” sia meglio…

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Bello e impossibile (diciamo difficile, anche per me) / 4 Settembre 2011 in Antichrist

Lars von Trier è uno dei pochissimi registi che, a volte, riesce a procurarmi sensazioni di insofferenza fisica, di fastidio fisico, di rigetto; quelle sensazioni, cioè, in cui è il corpo stesso a rifiutarsi di continuare la visione, o segnala tutta la lotta necessaria per riuscire ad arrivare in fondo. Con questa pellicola è stato così (in modo molto meno accentuato: “Idioti” e qualche passaggio di “Dogville”).
Nel mio codice di apprezzamento questo non è affatto un commento negativo – i film che non mi piacciono mi lasciano annoiata e indifferente, svuotata dalla mediocrità – ma è comunque il segno di un limite, un limite forte, invalicabile e che mi spinge a proteggermi da ulteriori esposizioni di simil natura, anche se il film ha aspetti splendidamente rari (visivi sopratutto). Un esempio più noto? Qualcosa di simile mi è capitato solo con la seconda volta (a distanza brevissima dalla prima) di “Arancia Meccanica” – un film che comunque considero un assoluto (ma forse allora ero molto giovane, e non vivevamo immersi in un universo visivo così cruento come è quello degli ultimi decenni).

Tornando ad AntiChrist: la sequenza iniziale in cui si consuma il dramma da cui tutto prende il via è da incanto; Willem Dafoe, in tutto il film, è appassionante (relegato a ruoli così insulsi nel cinema americano, Von Trier ne ha saputo tirare fuori un lato sorprendente), irresistibilmente capace di trasmettere un’affettività forte, malgrado lo scenario cupo, e che permette da solo alla storia di reggere, una storia che altrimenti si perderebbe in un surrealismo difficile da ricondurre a un’esperienza comprensibile lucidamente; la trama: senza via di scampo. Sebbene questa sia una delle cifre di questo grandissimo autore, una cifra che gli ha permesso di dare vita a pellicole di valore indiscutibile, qui egli indugia in una morbosità senza scuse – nemmeno quella della psicosi di lei – che forse non aggiunge niente al film, al suo messaggio complessivo (un viaggio nel dolore e nell’Ombra, psichica o mitica), ma ne rende solo più difficile il godimento.
Insomma: “Caro Lars, caro maestro, ti prego, continua, ma ricordati che noi spettatori – anche i più grandi frequentatori di luoghi impervi, mondi remoti, e universi dove “logica” è una parola senza senso – siamo umani”

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