ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama
Antebellum è un horror sociopolitico strettamente imparentato con quelli di Jordan Peele (Get Out, Noi) per toni, temi e produttori (Raymond Mansfield e Sean McKittrick).
I registi esordienti Gerard Bush e Christopher Renz hanno deciso di raccontare una piccola parabola sugli USA contemporanei, sfruttando i temi e le suggestioni del cinema horror (con tanto di bambina pallidisssima che sollecita il silenzio con un dito sulla bocca).
Pare che, negli Stati Uniti, il film non abbia entusiasmato critica e pubblico. Invece, nonostante i suoi “localismi” e certa di non aver colto determinate sfumature legate alla sua georeferenzialità, a me non è dispiaciuto.
Nonostante i suoi cliché, infatti, Antebellum è una storia inquietante che, per certi versi, mi ha ricordato il soggetto della serie tv Westworld, con “fantocci” sfruttati in ogni modo possibile e presunte divinità (guarda caso, sempre in un contesto storicamente situato nei dintorni della Guerra Civile americana).
Nel complesso, nonostante qualche difetto narrativo (i villain sono un po’ troppo caricaturali), mi è sembrato un film efficace, compiaciuto in certe soluzioni tecniche (vedi, i virtuosismi nella sequenza d’apertura), ma, nel complesso, asciutto e centrato.
P.s.: non ho capito come mai non si veda il volto di alcuni personaggi (la cameriera al piano con polpacci da terzino, il gentilissimo cameriere del ristorante, il tipo che offre il cocktail all’amica di Veronica), ma immagino che la scelta abbia qualche valenza metaforica che mi sfugge.
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