Recensione su Gli angeli con la faccia sporca

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24 Gennaio 2015

RELIGIONE, MORALE, REDENZIONE, sono questi gli ingredienti di Angels with dirty faces, pellicola firmata Michael Curtiz. Certo la redenzione che cerca il personaggio di James Cagney è fintissima, serve a veicolare il messaggio buonista dell’opera (dove il buonismo non ha un’accezione negativa) ed è costruita con ingegno dal prete interpretato da Pat O’Brien. L’opera quindi ha la struttura tipica del gangster movie del miglior Cagney con una trama che però non sdegna l’emotività.

Il film si focalizza su una coppia di criminali in erba, tali Rocky Sullivan (James Cagney) e Jerry Connolly (Pat O’Brien), i quali vivono in un quartiere malfamato di una zona non precisata di New York. Vivono le proprie vite fra piccoli furti e atti vandalici, senza scordarsi di fare i bulli con le ragazze del quartiere. Questa interminabile routine di piccoli crimini viene interrotta in seguito l’arresto di Rocky. Il film si scopre per quello che è: un bivio. Dopo l’evento, dopo l’ennesimo furto (questa volta andato malissimo) Jerry è salvo mentre Rocky è in prigione. Jerry pensa che Dio l’abbia predestinato alla salvezza, entra in seminario, si fa prete e si dedica ai ragazzi che come lui provengono dallo stesso ambiente malfamato. Rocky invece da questo momento entra ed esce dal carcere in modo fin troppo naturale e diventa un criminale di tutto rispetto. Anche nella sua posizione egli resta però una vittima. Finisce in galera perché nella fuga iniziale è stato meno veloce di Jerry, esce dalla galera per buona condotta in seguito all’ultimo colpo andato male ignaro del fatto che i suoi complici si sono appropriati della sua parte di denaro.

È proprio dopo la scarcerazione che il film si fa interessante, dopo il carcere, Rocky torna nel quartiere dove era cresciuto, si affeziona ad un gruppo di miserabili che come lui in gioventù vivono di piccoli espedienti, piccoli furti, pochi quattrini e ben presto diventa il loro idolo. La figura di Rocky è contrapponibile a quella di Jerry, il primo è un gangster duro e puro, un delinquente che comunque risulta simpatico, lo spettatore non riesce a demonizzarlo.. almeno non del tutto; dall’altro lato abbiamo padre Jerry, un pastore preoccupato delle pecorelle smarrite del quartiere, un uomo guidato dalla ragione e dall’esperienza, un uomo motivato a fare del bene ma che nel farlo risulta pesante. Paradossalmente risulta più rompicazzi del gangster e quindi lo spettatore non riesce a guardarlo con la stessa simpatia con cui guarda James Cagney.

La forza del film è questo gioco dei/nei ruoli: il delinquente simpatico ed il prete cagacazzi. Il personaggio interpretato da Pat O’Brien si accorge dell’influenza che il gangster ha sui ragazzi che cerca di salvare. E qui entra in gioco la morale dell’opera, non sto qui a raccontarvela, sappiate solo che il prete scongiurerà il gangster affinché i giovinastri ritrovino la giusta via.

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