Recensione su Un lupo mannaro americano a Londra

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Lontano dalla brughiera. / 19 Giugno 2012 in Un lupo mannaro americano a Londra

John Landis è un autore straordinario. Un tizio capace di reinventare la commedia americana, che a volte riesce a sfociare in altri generi. Cosa succede quando il regista di Animal House si cimenta nell’horror? Cosa ne esce? Un cult, of course. Un lupo mannaro americano a Londra non è solo un capolavoro unico nella ventina di film lupeschi ad Hollywood, ma è anche un particolare miscuglio tra puro humour, anche nero, e grande horror che guarda al passato. La trama non è complicata: Due ragazzi americani in gita a Londra vengono buttati fuori da una locanda malfamata e si ritrovano a vagare nella brughiera. Sentono dei ruggiti e dei grugniti, ma non ci fanno tanto caso. Quando vengono attaccati da una bestia dalla forza incredibile uno dei due muore e l’altro comincia un lento processo di mutazione. Il lupo, non solo nel cinema ma anche nella letteratura ha sempre avuto un ruolo di primo piano, dovuto al rispetto che gli antichi portavano per questa figura così terrorizzante. E in effetti, la figura del lupo, è esattamente quella che ogni horror sognerebbe di avere: Un uomo che appena vede la luce della luna si trasforma in una belva assetata di sangue. Landis, che è un grande regista, sfrutta al meglio gli effetti speciali e il make up organizzato dal leggendario Rick Baker e, servendosi di una colonna sonora loquace e di una fotografia sgargiante, costruisce il perfetto film di lupi mannari. Insieme a L’ululato di Joe Dante(con cui esce quasi in contemporanea), Landis disegna un modello di cinema sulla licantropia che troverà molti artefici in futuro. La mutazione da uomo a lupo avviene quasi in stile cronenberghiano. L’uomo comincia un lento percorso di mutazione psicosomatica, in cui di lui rimarrà ben poco. Sarà la bestia ad uscire fuori e a fari beffe di sé stessa. Se pensiamo che il film sia diventato un cult “solo” per le sue esagerazioni. Un lupo mannaro americano a Londra si fa portavoce di un tipo di horror che non vuole sottostare alle regole delle major, né dare spaventi a buon mercato, né regalare happy end, come son soliti fare gli horror di quel periodo. Ma Landis è soprattutto un regista comico. L’ironia(mai fine a se stessa), nel film c’è, eccome. Già nel prologo in cui i due amici parlano della loro vita privata si comincia ad intravedere una certa grande ironia. Nella scena della locanda sembra realmente di rivedere il Landis di The Blues Brothers. E invece si viene sopraffatti dalla pellicola, pellicola che riserva brutte sorprese. A differenza del suo scontato sequel, Un lupo mannaro americano a Londra è un capolavoro di suspance e mistero, che ci trasporta nei meandri della brughiera londinese, in cui la belva si mostra e comincia a mietere le sue vittime. Figlio di Landis più che mai, vive del make up stratosferico di Baker più degli altri film a cui ha collaborato Rick e si pone come modello principale anche per successivi film con al centro il tema della mutazione. E ricordate “Rimanete sulla strada e state lontani dalla brughiera”. O avrete grandi spaventi targati Landis.

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