6 Recensioni su

American Pastoral

/ 20166.4113 voti

Esordio dignitoso / 30 Novembre 2017 in American Pastoral

Del romanzo di Roth, letto davvero tanto tempo fa, ricordavo così pochi (ma indelebili) dettagli che è come se non l’avessi mai letto, quindi non mi propongo neppure alla lontana un confronto fra libro e film.

A prescindere da questa (superflua) premessa, il lavoro di McGregor mi è parso quantomai dignitoso, pur a fronte di qualche problema a livello di sceneggiatura.
Per esempio, benché complessi, i protagonisti mi sono parsi particolarmente impalpabili e il conflitto lacerante che conduce la giovane Merry (una Dakota Fanning abbastanza incolore) a contestare la propria famiglia e ciò che essa rappresenta compare in scena senza una premessa, né uno sviluppo quantomeno aleatorio. In lei, si mischiano naturale ribellione giovanile e una presa di coscienza sociale che restano evidentemente troppo in superficie per poter essere assimilati e apprezzati.

Anche la rappresentazione della frantumazione del sogno americano galleggia pigramente fra un’ottima fotografia e una bella ricostruzione d’ambiente.
Inutile la presenza del “narratore” che non evoca alcun vero rimpianto, né è davvero funzionale allo svolgimento del racconto.

Non boccio il film, ma lo promuovo con riserva, lieta di aver visto sullo schermo un racconto comunque interessante: aspetto una seconda prova registica di McGregor più matura e confido in una sceneggiatura ben più solida.

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McGregor toppa alla prima / 31 Ottobre 2017 in American Pastoral

Il talento di Ewan McGregor come attore è indiscusso e sicuramente in questo film il pezzo migliore è lui, ma come regista deve fare sicuramente di meglio. La storia, che comincia nel dopoguerra, sicuramente interessante, ma troppo poco coinvolgente rispetto alle premesse, ha come protagonista una famiglia americana praticamente perfetta: il marito, Seymour detto “lo Svedese” Lvov (lo stesso McGregor appunto), è ricco, proprietario di una fabbrica di guanti e la moglie, Dawn (Jennifer Connelly) è una bellissima donna determinata che in passato è stata anche Miss New Jersey. La nascita della figlia, Merry (interpretata da grande da Dakota Fanning) cambia però le cose: da bambina mostra intelligenza e sensibilità, ma anche degli strani atteggiamenti e una forte balbuzie. Qualcuno ipotizza che la ragazza soffra della condizione di trovarsi all’altezza di due vincenti, di due persone al top. Col tempo, nella ragazza crescono sentimenti ribelli, rivolti verso i più deboli e verso gli eventi che stanno caratterizzando l’America del periodo, come la lotta per i diritti dei neri. E’ in un clima sempre più teso con i genitori, in particolare la madre, che avviene un attentato, del quale è fortemente sospettata la ragazza, che intanto è sparita. La ricerca della verità da parte del padre caratterizzerà il resto del film. Come detto, la premessa non è affatto male, ma McGregor, al suo debutto alla regia, si perde, con una storia francamente noiosa, personaggi stereotipati (anche se sicuramente la cosa è voluta, ma si esagera) e che lascia ben poco, se non giusto una buona recitazione da parte di lui e della Connelly, mentre la Fanning ha fatto di meglio. Un film che sconsiglio, peccato per Ewan, che è sempre molto bravo, sicuramente avrà occasione di portare qualche titolo più interessante.

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Buona la prima / 14 Settembre 2017 in American Pastoral

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Ci accostiamo alle persone senza pregiudizi; tuttavia, non manchiamo mai di giudicarle male. Le giudichiamo male mentre siamo con loro, o quando parliamo di loro con qualcuno, o in qualunque altra occasione. E’ così che sappiamo di essere vivi: sbagliando. Riguardo allo Svedese, al fatto che la vita gli avrebbe spalancato le braccia e lo avrebbe portato ovunque volesse: su nessun altro avrei potuto sbagliarmi di più in vita mia.
La letteratura americana ha un grande merito: smonta pezzo per pezzo il Sogno americano, quel sogno individualista che vede l’uomo di successo come il coronamento della vita umana. Chi è lo Svedese? Un prodigio nello sport, un uomo buono, un capitalista avveduto, che sposa un’aspirante Miss America. Distrugge questa perfetta scena “bucolica” una figlia che, pur di ribellarsi ai genitori – e alla presunta perfezione – ed acquisire un’identità sua propria si avvale prima di sogni rivoluzionar-marxisti, poi della spiritualità indiana.
La trasposizione cinematografica, primo film di Ewan McGregor da regista, rende bene l’idea del libro, incentrato sul dramma interiore del protagonista. Se lo Svedese è messo nella sua ricerca dell’innocenza della figlia bene in evidenza, sono tralasciati però da McGregor i personaggi “minori” (ad esempio, la splendida Connelly, nevrotica e conflittuale, qui molto marginale). McGregor ci regala un buon film, abbastanza fedele al libro; pellicola non indimenticabile ma godibile.

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Film superficiale / 19 Luglio 2017 in American Pastoral

Film superficiale, che non riesce a esprimere quasi per nulla le motivazioni dei personaggi, che risultano distanti e incomprensibili. Lo Svedese rimane un Giobbe un po’ stolido, la moglie una psicolabile, mentre la figlia è alla fine grottesca nella sua discesa agli inferi. La trama è meccanica e poco coinvolgente; il make-up mai convincente.

. / 19 Marzo 2017 in American Pastoral

Una dei soliti film che si fanno dimenticare…

Una scelta coraggiosa / 24 Ottobre 2016 in American Pastoral

Fin dall’annuncio dell’uscita di questo film, molti critici hanno storto il naso all’attore Ewan Mcgregor che come esordio alla regia ha scelto niente che popo di meno la trasposizione cinematografica di uno dei suoi libri preferiti, il capolavoro letterario di Philip Roth, vincitore del premio Pulitzer, Pastorale Americana. Mcgregor però non si lascia intimorire dal peso che deriva dal libro, e sfoggia una performance attoriale di tutto rispetto, guardando mano a mano lo sfaldamento della vita dello Svedese, si può percepire dai suoi occhi la sofferenza di quest’uomo, ma anche la forza che ha per non crollare e andare avanti, anche quando tutto sembra essere contro di lui. Ovviamente tutto ciò non è esente da difetti; come tutti i film tratti da libri,si tende da avere grande disparità di giudizio da parte del pubblico, sopratutto per chi ha letto il libro e si aspettava una trasposizione fedele al 100% sia per la storia che per le sensazioni date, ma a mio giudizio non sempre questo è possibile, il cinema ha un linguaggio diverso da quello letterario e non sempre si riesce a trovare un punto di incontro tra queste due tipologie di linguaggio, ma questi sono i rischi che tutti i registi di film tratti da libri sanno di doversi prendere. In questo film a differenza del libro si è voluto rimarcare di più la parte inerente al dramma familiare che colpisce il protagonista, piuttosto che soffermarsi anche sulla situazione della società americana in quel periodo (cosa che invece accade nel libro). A questo va unito qualche piccolo buco di trama che non rimane chiarito, ma che a mio parere non nuoce alla trama e al suo svolgimento. Ottimi i costumi, le ambientazioni e la musica, tipicamente anni ’60, si nota che Mcgregor ha avuto una cura maniacale per questi aspetti. Nel complesso risulta essere un ottimo film, ben strutturato, ottime performance attoriali, e buona fotografia del periodo storico (anche se non approfondita a dovere) . In conclusione un plauso particolare va a mio parare al neo-regista Ewan Mcgregor che non si è fatto intimorire dal peso del libro che andava a trasporre ma che è andato avanti convinto a testa bassa per la sua strada.
CHI BEN COMINCIA È A METÀ DELL’OPERA.

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