Il morbo dell’apparenza mediatica / 12 Ottobre 2020 in American Murder: La famiglia della porta accanto

Quello che colpisce del documentario Netflix American Murder: La famiglia della porta accanto è l’efferatezza della storia e la sua natura in-credibile (non a caso, il titolo fa riferimento alla famosa “porta accanto”, dove, in realtà, abitiamo tutti).
Per il resto, artisticamente parlando, è un prodotto inqualificabile, assimilabile a qualsiasi puntata di un programma come Un giorno in pretura (se Un giorno in pretura si basasse esclusivamente su filmati originali relativi ai fatti, ovviamente).
Intendo dire: questo documentario ha valore cronachistico, perché prova a mettere in scena i fatti in maniera il più possibile oggettiva, ma, al di là dell’indubbio lavoro di ricerca e montaggio (che, comunque, in virtù della sua natura, riflette una realtà mediata e parziale), per me, non ha alcuna valenza artistica e, in quanto tale, mi astengo dal valutarlo in questa sede.
Al più, il documentario in questione si offre come (ennesimo, benché estremamente drammatico) strumento di riflessione sul potere mistificatorio dei social: suo malgrado, la coppia protagonista della vicenda è emblematicamente testimonial dell’ingannevolissimo morbo dell’apparenza mediatica.

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