Recensione su American Beauty

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American Beauty
Regia:

Le apparenze ingannano. / 7 Maggio 2013 in American Beauty

Sembra anche carino, ma sembra e basta.
Film che vuole essere pretenzioso e cattivo ma finisce per essere un film modaiolo adatto ai ragazzini alternativi.

11 commenti

  1. yorick / 8 Maggio 2013

    Finalmente! Mi sentivo solo a pensarla così >.<

  2. Presenza / 8 Maggio 2013

    Mmmh… non ho capito in che senso è modaiolo?
    è un film di tredici anni fa, tu intendi che era modaiolo all’epoca o lo è ora?

    • yorick / 8 Maggio 2013

      Penso intenda quello che ha scritto di seguito, @presenza: che va di moda tra gli alternativi, “movimento” (ma meglio bolgia) che esiste da una ventina d’anni (v. Smashing Pumpkins etc., e comunque dopo la morte di Cobain e la generazione x) e che solo ultimamente (v. i moderni SP, che altro non sono che la Corgan Band, altro che SP) è diventato di moda.

  3. signormario / 8 Maggio 2013

    Non potrei essere più in disaccordo! A mio parere American Beauty è un film impeccabile, è figlio di un filone ben preciso nella cinematografia di Holliwood (mi riferisco a quello in cui rientrano pellicole come Gente Comune, Una donna in carriera, Voglia di Tenerezza) e, in quanto tale, vuole essere ed è uno spaccato della società del suo tempo, una fotografia della middle class americana degli anni Novanta, con tutte le esagerazioni, esasperazioni e volutissimi cliché che richiede il portare a termine un intento del genere.
    Oltretutto è un film sorretto sulle spalle degli interpreti, al punto tale che le scelte registiche mirano solo a valorizzare le performance attoriali e null’altro.
    Io trovo che sia un vero capolavoro, forse il grande capolavoro del cinema americano di fine millennio. 🙂

    • yorick / 8 Maggio 2013

      Una fotografia piuttosto stereotipata, non credi?

      • signormario / 8 Maggio 2013

        A mio parere no. Se vuoi ritrarre una certa tipologia di persone e personaggi, ti è necessario ricorrere ai cliché, anzi è proprio su quelli che devi sapere giocare.
        Faccio l’esempio: se voglio dare uno spaccato dell’Italia degli Anni Cinquanta, probabilemnte rappresenterò le borgate romane; se voglio dare uno spaccato della società rampante americana degli anni Ottanta, probabilmente mi concentrerò sulla Manhattan degli ambienti dell’alta finanza; se voglio rendere uno spaccato della società degli anni Novanta, quale migliore pretesto dell’inserirmi tra le mura domestiche e i panni sporchi di una nevrotica famiglia medioborghese i cui membri rappresentano ed incarnano il concentrato di tutto quanto è riconoscibile nella memoria e nel ricordo di chi quegli anni li ha vissuti?

        • yorick / 8 Maggio 2013

          D’accordissimo, @signormario, anche se giocare con gli stereotipi non è, a mio parere, quello che è stato fatto in “American Beauty”, ma potrei sbagliarmi: la mia impressione è stata quella di voler dire tutto in poco tempo, e naturalmente per farlo si dovevano adoperare degli stereotipi (almeno spero, anche se dubito che il regista tendesse a farli passare come tali), e per di più dire cose piuttosto banali, onestamente. Il discorso sulla Bellezza, per esempio, fa acqua da tutte le parti, e sembra appiccicato lì tanto per dare un tono al film. E il fatto che un appartenente della middle-class statunitense mi parli di Bellezza riprendendo una borsa svolazzante, mi fa tanto da presa per i fondelli, tant’è che la prima idea che ho avuto, in quella scena, è che sarebbe stato davvero bello mandarlo a New Orleans e vedere lì quanta Bellezza ci trova. Dopodiché, certo, noi possiamo vedere la Bellezza ovunque, ma il discorso non si regge in piedi nel momento in cui chi la vede è, citando de André, “protetto da un filo spinato”, per cui, chessò, potrebbe trovare estetici anche dei barboni, ma li troverebbe estetici solamente per il fatto che lui non è uno di loro.

  4. Funnyface / 8 Maggio 2013

    Scusate (forse ho interpretato in modo errato io), ma questo film sembra volutamente smontare i cosiddetti stereotipi di cui si parla.

    • signormario / 8 Maggio 2013

      Può essere una chiave di lettura, ma i personaggi mi sembrano ben inquadrati in una tipologia prestabilita (l’impiegato fantozziano che cambia vita; la donna in carriera nevrotica/madre fallita; l’adolescente ribelle e contestatrice; la compagna di scuola bionda e civettuola..). Ma tutto ciò, torno a ripeterlo, secondo me è assolutamente intenzionale ed è, allo stesso tempo, proprio la ragion d’essere e lo scopo del film.

  5. hartman / 8 Maggio 2013

    La mia opinione é una via di mezzo tra le vostre (vedi mia recensione infra).. Non mi hanno dato fastidio le connotazioni dei componenti della famiglia, perché le ho trovate (e in questo concordo con @signormario), la colonna portante dell’idea del film (e almeno inizialmente, come ho scritto, questa impostazione mi é piaciuta)..
    Ho trovato invece inopportune (e queste sì gratuitamente stereotipate) le figure del colonnello e del figlio..
    E quando si é arrivati all’omosessualitá repressa non ce l’ho davvero più fatta!)..

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