Recensione su Amabili resti

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Un Jackson eccessivamente timido / 3 Maggio 2017 in Amabili resti

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

“Mi chiamavo Salmon, come il pesce. Nome di battesimo: Susie. Avevo quattordici anni quando fui uccisa, il 6 dicembre del 1973.” Inizia con questo fulminante incipit il racconto della protagonista che, stuprata e uccisa da uno psicopatico vicino di casa che ne ha anche occultato i resti, osserva le vicende della propria famiglia e dei suoi conoscenti da uno scintillante limbo dell’aldilà. Il film di Peter Jackson, cercando di seguire il romanzo di Alice Sebold, ha un aspetto composito e racchiude in se materiale per almeno cinque film diversi: la breve vita e i primi amori di un’adolescente; il ritratto di un serial killer; il disfacimento di una famiglia segnata dal dolore della perdita della figlia; la descrizione di un oltretomba meraviglioso e dal forte impatto visivo; le indagini della polizia sul caso e del padre che non si rassegna all’impossibilità di venire a capo della scomparsa di Susie. Tanta carne sul fuoco che per forza di cose è impossibile approfondire nella durata, seppur notevole, di un film. Oltretutto Jackson sembra tirare il freno nei passaggi cruciali del romanzo, quelli cruenti e dolorosi dello stupro e del rimpianto della ragazza per la perdita di una vita non ancora vissuta, lasciando fuori scena il primo e snaturando il secondo, quasi che andare in quel bucolico aldilà sia stata la cosa migliore che potesse capitargli. A differenza che in un altro film del regista accostabile a questo, Creature del cielo, qui Jackson sembra essere sceso a compromessi per rendere l’opera accessibile a tutti, annacquando le componenti più violente e restando sulla superficie della terribile storia, mancanze non completamente compensate dalla convincente ricostruzione degli anni settanta e dai meravigliosi effetti speciali. Di contro il romanzo è avvincente e sconvolgente allo stesso tempo nei primi capitoli, in perfetto equilibrio tra orrore e dramma adolescenziale, ma andando avanti perde molto della sua energia e si trascina verso l’epilogo. Ottima la giovane attrice Saoirse Ronan nei panni della protagonista, così come un irriconoscibile Stanley Tucci in quelli del serial killer. Meno convincenti i genitori interpretati da Mark Wahlberg e Rachel Weisz. Susan Sarandon è invece la nonna, personaggio centrale nel romanzo, relegato nel film alla sola funzione di macchietta comica.

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