11 Ottobre 2013 in Il destino

Non c’è protagonista in questa narrazione circolare, dove diversi personaggi emergono, raccontando la propria storia (il proprio destino), per poi tornare sullo sfondo. La figura di Averroè non rappresenta il centro della narrazione ma il filo che ne dipana la trama. In “La ricerca di Averroè” Borges scriveva: “poche cose registrerà la storia più belle e patetiche di questo consacrarsi di un medico arabo ai pensieri di un uomo dal quale lo separavano quattordici secoli”. Averroè – che scrisse “La distruzione della distruzione” e tradusse le opere di Aristotele salvandole dall’oscurità – diventa allora il simbolo di un intreccio di storie nelle quali il tema dominante è il fuoco, la distruzione, l’oblio.
Per il mio occhio di Occidentale, così assetato e ignorante di Oriente da leggerlo sempre attraverso lo stesso filtro de Le mille e una notte, Chahine non esprime altro che una nuova versione del mito di Sharazad, che continua a raccontare, all’infinito, le proprie storie, lottando contro il nostro destino di morte e d’oblio.

Ps: Si tratta di un film di grande vitalità: Averroè e il suo popolo forse non conoscevano la nozione di “commedia”, ma amavano la danza.

Recensione da Un Fachiro al Cinema:
IL DESTINO

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