Recensione su Abissi di passione

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Abissi di passione: Buñuel e l’arte della telenovela / 8 Gennaio 2015 in Abissi di passione

Telenovela sudamericana ante litteram, questo libero adattamento del romanzo Cime tempestose di Emily Brontë è un estenuato inno all’amor fou surrealista: l’incongruità dei sentimenti puntualmente contrastanti dei protagonisti, à la odi et amo all’ennesima potenza per intenderci, è quanto di più surreale (in senso letterale) si possa immaginare, una girandola di controsensi difficilmente concepibile nonché accettabile in condizioni psicologiche serene.

In tal senso, è innegabile che questo film di Buñuel sia decisamente fedele allo spirito allucinato del libro della Brontë, impregnato di sballati umori romantici quanto nessun altro adattamento da me visto finora (mi riferisco al classicone La voce nella tempesta di Wyler con Sir Laurence Olivier ed al mediocre Cime Tempestose di Robert Fuest con Timothy Dalton).

Realizzato nel “periodo messicano” del regista spagnolo, Abissi di passione risente evidentemente degli scarsi mezzi a disposizione del cineasta dall’avara produzione: interni architettonicamente squallidi realizzati con materiali dozzinali, costumi discutibili, attori inqualificabili.
Eppure, qualcosa cova sotto la cenere e non è per rendere aprioristicamente merito a Buñuel che cerco la pagliuzza d’oro in un paiolo senza fondo che ho faticato a vedere fino alla fine.
È il gioco dell’assurdo e dell’orrido (nel senso settecentesco del termine), praticato nelle battute iniziali e finali del film (i corvi che volano via dai rami spaventati per via di un colpo di fucile sparato dall’insopportabile Catalina, la crudeltà del mite ma sadico Eduardo che si accanisce su splendide farfalle, la sequenza nella cripta): ha un aspetto nero e maledetto che, in fondo in fondo in fondo, non mi è dispiaciuto affatto.

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