Recensione su Solo: A Star Wars Story

/ 20186.5180 voti
Solo: A Star Wars Story
Regia:

Una nuova speranza / 29 Maggio 2018 in Solo: A Star Wars Story

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Dopo la deludente esperienza che ho vissuto con episodio VII e, al peggio non c’è mai fine, con episodio VIII, finalmente posso affermare che, a salvare una buona fetta di appassionati di Guerre Stellari, della quale faccio parte, ci stanno pensando gli spin off !
Deo gratias !
Insomma, Rogue One a parte, dove la storia è, però ma per fortuna, se non propriamente scritta nero su bianco, ben agganciata ai suoi binari narrativi imposti dal sig. Lucas, è arrivato Solo, ultima, originale, pellicola marchiata Topolinoland (tremate!) !

Cosa posso dire ? Così su due piedi, subito e senza fronzoli: che è una splendida avventura, dal suo inizio alla sua fine.

Sono felice che si sia finalmente tornati a viaggiare e ad esplorare pianeti e galassie…alla ricerca di crediti, ovviamente, perché Solo è un fuorilegge, un giovane sbarbatello (leggasi “sbabbatello”) in cerca di miglior sorte, sfuggito ad un destino segnato dalla miseria, che vive in prima persona e fa vivere allo spettatore un sali e scendi vorticoso, tra stelle, duelli, pericoli e nuove sfide, senza che ci siano grosse ragioni per farlo (quale migliore cosa può accadere ad un uomo?). Pochi pretesti, semplici forse, ma efficaci !
D’altronde, Han non è un Jedi, non deve salvare il mondo, non è l’eletto né, tantomeno, un idealista. Stringendo all’osso, gli servono soldi per fare quello che deve fare, proprio come a molti di noi.

Mr. Solo tira a campare e proprio come un avvocato in Italia nel 2018: lavora gratis, si arruola nell’Impero, combatte una battaglia su un pianeta sconosciuto, diserta, fugge e si unisce a delle vecchie canaglie come lui per assaltare un treno in corsa e usare la relativa refurtiva. È uno spirito libero, non fa mai quello che gli si dice di fare, accetta i rischi e le cose gli vanno bene, i suoi dadi fanno sempre doppio 6 e non rilascia la fattura.
Insomma, un mucchio di guai !

Facendo vagamente i seri, la narrazione è frenetica, sostenuta, devo dire, da una bellissima fotografia che mette in risalto, città decadenti, bassifondi decadenti, deserti decadenti e montagne innevate decadenti, spiagge assolate e mare (che siamo a giugno quasi), vecchie bische decadenti, impianti industriali decadenti e avamposti imperiali pronti a muovere per guadagnare sempre più terreno nell’universo.
Tanti gli altri elementi che richiamano, senza forzature, i vecchi film di Lucas, qualche perla qua e là per aguzzare l’occhio del fan.
Tutta la struttura, poi, è solida e, fortunatamente, ha un senso logico, tale da conferire ai personaggi il giusto ritmo per muoversi al suo interno senza che questo sembri assurdo e privo di raziocinio, il che, di questi tempi, non è poco.

Questi ultimi sono, a loro modo, tutti interessanti, prima di tutto perché sono mafiosi, ladri, traditori, accoltellatori, miserabili, feccia dell’universo, traditori, giocatori d’azzardo, e poi anche perché sono stati, a mio modo di vedere, selezionati minuziosamente, al punto da richiamare quelle figure di attori della serie classica, dove Mark Hamill e Carrie Fisher non erano certamente degli Anthony Hopkins o delle Meryl Streep.
Ron Howard ci ha saputo fare con la regia e il casting ha fatto un ottimo lavoro con la scelta degli attori.
Prendiamone qualcuno, se non tutti: Emilia Clarke, nonostante la monoespressione e la rigidità, che a qualcuno possono dar fastidio ma a me non sempre, mi è parsa più credibile di quanto mi aspettassi. In fondo, dipende un po’ dal ruolo che interpreti, il corollario: “ha un viso d’angelo, è inespressivo, anzi ha due espressioni: una col sigaro e una senza”, funziona sempre (la battuta del sigaro è riferita a Clint Eastwood non ad Emilia Clarke) !

Passiamo a Woody Harrelson, che interpreta un pistolero/truffaldino/avventurieroechipiùnehapiùnemetta, pure lui non propriamente istrionico, ma adeguato al compito assegnatogli. Credo davvero che abbia dato parecchio spessore a tutte le scene che ha girato. Sarà, ripeto, che si è dato un taglio “vecchio West” a tutto il film e servivano facce da tagliatori di gola monoespressivi, ma con la stessa simpatia di Silvio Berlusconi…
Donald Glover, semplicemente mitico, con baffo, mantello e camicia a fantasia che mi diventa lo Snoop Dog della galassia, Lando Calrissian.
Paul Bettany, ci voleva qualcuno in gamba in quel ruolo, e menomale che non ce ne hanno messo un altro ed, infine, dulcis in fundo: Alden Ehrenreich, monoespressivo (ce l’ho aggiunto un po’ per coerenza), classe 1989.
Alden Ehrenreich è un giovane Han Solo che ha saputo entrare perfettamente nei suoi panni: mai caricaturale, non scimmiotta Harrison Ford, lo imita seriamente il tanto che basta, riesce a non apparire mai ridicolo se non quando il momento lo richiede, impresa niente affatto facile se reciti in un film Disney.

Veniamo alla storia. C’era da superare il trauma di Episodio VIII e l’incredibile capacità di non raccontare niente per tutta la sua durata, che aveva spento lo spirto guerrier di tutti gli avvocati italiani e non solo, ma la famiglia Kasdan insieme a Ron Howard, avveduto, scaltro ed anni 80/90 come non mai, ci sono riusciti: hanno scritto una storia che ha un senso, un bel senso. Non avevo grosse aspettative su Solo A Star Wars Story, ma sono uscito dalla sala davvero contento di quello che avevo appena finito di vedere. Non si urla al capolavoro, ma si intravede, neanche troppo lontano lontano, la favola che è Guerre Stellari, quel bel racconto per ragazzi che riesce ancora a divertire, o che almeno con me è riuscito a fare.

P.s. la scena della battaglia di Mimban è molto bella e le divise dei soldati imperiali fantastiche, davvero degne di nota. Quantomeno approfondiscono un attimo l’universo di Guerre Stellari, che sembrava essere scomparso dai radar.
p.p.s. Non ci sono Mary Poppins redivive in questo film, le battutine disneyane chemmobbastaveramenteperò, sono pochissime e ben dosate, ma mai fastidiose.

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