Recensione su Aspettando il re

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Aspettando il re
Regia:

Film bizzarro / 17 Giugno 2018 in Aspettando il re

Film bizzarro: il regista, soprattutto nei primi due terzi della pellicola, sembra voler comunicare lo straniamento del protagonista alle prese con un paese – l’Arabia Saudita – dai costumi per lui incomprensibili. Così, per esempio, un appuntamento con un certo Karim Al-Ahmad viene sempre posposto dalla addetta alla reception, che invariabilmente dichiara che quella persona non è in sede. Quando però il protagonista riesce a eluderne la sorveglianza, incontra una prima volta una donna danese che gli comunica cordialmente che Al-Ahmad le ha chiesto di prendersi cura di lui, e la volta successiva Al-Ahmad in persona, che non sembra particolarmente scocciato dal fatto di trovarselo davanti. A questo punto però lo spettatore si chiede cosa vorrebbe dimostrare l’autore e regista: l’inefficienza del paese? Ma il protagonista vi riceve ottime cure mediche. L’imperscrutabilità dei suoi abitanti? Ma allora perché l’addetta alla reception è una giovane donna dal viso intelligente? L’effetto sullo spettatore non è di trovarsi di fronte a una realtà altra o surreale, ma più semplicemente di trovarsi di fronte a una realtà confusa; e sorge presto il sospetto che la causa sia imputabile al regista piuttosto che alla diversità delle culture rappresentate. Il sospetto si consolida quando ci si rende conto che l’attore che interpreta uno dei personaggi principali, l’autista Yousef, non è arabo ma americano, e che di arabo – oltre all’identità – non ha neppure l’aspetto.
Di situazioni come queste il film ne presenta diverse, anche se a un certo punto abbandona il tema dello straniamento per virare verso una più convenzionale storia d’amore. Tom Hanks veste i panni di un personaggio che, sebbene afflitto da vari guai e malanni, non riesce mai a infondere la minima simpatia nello spettatore. Come tutto il film, del resto.

1 commento

  1. Stefania / 25 Novembre 2021

    Concordo appieno: è un film strano, che, alla fine, non ha una identità solida. La prima parte non mi è affatto dispiaciuta: sembra una curiosa versione del giorno della marmotta, perché, una volta arrivato in Arabia Saudita, il protagonista sembra rivivere continuamente lo stesso giorno, con pochi scarti dovuti all’esperienza del giorno prima. Anche la narrazione, in questa parte del film, è più vivace. Poi, il film si incanala in binari narrativi e formali molto più canonici e perde ogni possibile originalità, diventando assolutamente incolore, come il suo protagonista.

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