6 Recensioni su

A Classic Horror Story

/ 20216.278 voti

A SAD ITALIAN STORY / 19 Ottobre 2021 in A Classic Horror Story

Se vale il detto che i mediocri copiano ei creativi rubano, “a classic horror story” ne esce malissimo.
Da spettatore mi sono annoiato praticamente subito. Tutto ciò che ci viene mostrato è già stato fatto o visto prima. “La casa”, “non aprite quella porta”, “midsommar”, “saw”, “zombi2”, “Misery”, “Martyrs”, “The wicker man”, ma anche riferimenti a videogiochi horror come “The last of us” e “Silent Hill”, solo per citare alcuni dei riferimenti più palesi.
A questo punto qualcuno potrebbe affermare che questo “copiare” sia una scelta deliberata in funzione del colpo di scena che ribalta tutto. Peccato che il colpo di scena sia anch’esso una copia di un altro film decisamente meglio riuscito, ovvero “quella casa nel bosco”, film che aveva davvero una idea originale come svolta e ribaltamento. Qui siamo al limite del remake spacciato per intuizione.

Devo dire che non ho nemmeno apprezzato la critica al pubblico italiano, accusato di sparare a zero senza ragione sul nostro cinema di genere. Mi è sembrato un tentativo di deresponsabilizzarsi e di scaricare le colpe sul pubblico. Come a dire che se un horror non vi piace è perché non volete farvelo piacere. Mi spiace, ma non sono d’accordo con questa tesi. Mi sembra un modo furbo di darsi un tono dopo aver messo in piedi un film fallato.

Una volta sapevamo fare film horror che piacevano al mondo, oggi non piacciono nemmeno a noi perché sono oggettivamente scadenti. E’ fattuale.

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Un’altra ottima prova per De Feo. / 8 Settembre 2021 in A Classic Horror Story

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Dopo l’ottimo “il nido” De Feo porta in scena un altro ottimo film con un finale particolare e spiazzante, un film che rimanda ad altre pellicole (“non aprite quella porta”, “il prescelto”, “wrong turn”) e affascina con la sua fotografia di altissimo livello, una colonna sonora molto azzeccata e una eccellente regia.
Forse il nostro cinema ha trovato un regista di notevole talento.

P.s. qualcuno mi saprebbe spiegare il finale? Perché la ragazza si suicida?

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Si può fare di più / 4 Settembre 2021 in A Classic Horror Story

Un problema che riguarda molti film e serie tv è che una buona idea non è sufficiente, essa ha bisogno di una premessa che rischia di essere (e spesso lo è) non tanto riuscita come quel che vuole introdurre. “A Classic Horror Story” rientra in questa categoria, poiché presenta degli elementi che non dispiacciono affatto, ma inseriti con abbastanza fatica.

La prima parte del film è un po’ confusa, lenta, sembra che non si sappia bene cosa fare, cosa dire, come trattare le dinamiche nell’attesa di arrivare alle scene giuste. Malriuscito è il tentativo di caratterizzazione dei personaggi che non avranno un dopo, facendo emergere la loro storia pregressa in tempi sbagliati, in modo forzato e poco interessante. Sebbene siano fondamentalmente carne da macello, sembra che si voglia portare alla luce il loro vissuto a tutti i costi, a prescindere dalla rilevanza che possa avere nella trama e dall’adeguatezza del momento.
Esempio: dopo aver fatto un incidente di cui nessuno sembra essersi accorto, mi ritrovo inspiegabilmente in un bosco in mezzo al nulla, la macchina non parte, il mio ragazzo è ferito, la linea non va, siamo dispersi senza alcuna possibilità di aiuto. Sembra il momento opportuno per mostrare un TikTok alla sconosciuta a fianco e conoscerci un po’! Per non parlare della storia del dottore che vuole tenerci tutti sulle spine, il cui senso mi sfugge completamente.

Dopo un’oretta finalmente il film arriva dove voleva arrivare: all’idea da cui probabilmente è partito tutto. Ed è interessante. Si rivela un peccato, perché questo prodotto è sicuramente un passo in avanti per il genere horror italiano, testimoniando che è possibile osare di più e dando l’input a fare di meglio. Ricca di riferimenti cinematografici, voluti e sensati, la pellicola ha sicuramente come punto forte l’atmosfera in pieno stile horror in cui immerge lo spettatore, grazie anche ai suoi apprezzabili momenti splatter.
Risultato finale niente male.

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Proprio non è un horror… / 23 Luglio 2021 in A Classic Horror Story

Netflix ci propone una classica storia horror… Potrei aggiungere non eccezionale. Quindi il titolo diventerebbe A CLASSIC BUT NOT GREAT HORROR STORY, ecco… già va meglio.
L’idea non è assolutamente malvagia, il finale è di condanna e nei titoli di coda anche divertente.
E allora cosa non funziona, direte voi?
Come prima cosa la recitazione! Mamma mia che dolore!!! L’unico che si salva è il medico ma per gli altri ecco cosa è horror!!!
Poi la stessa conduzione della trama; troppo lenta e delle volte i salti delle scene non sono azzeccati. Le musiche non hanno una spiegazione se non quella di volerle far diventare angoscianti ma non ci riescono.
Alcune violenze non sono motivate. In un horror tutto ha un senso e in questo non è proprio così.
Purtroppo non ricordo più un horror piacevole da vedere. ultimamente sono molto deludenti.
Attendo fiducioso di essere folgorato.
Bocciato!
Ad maiora!
#filmaximo

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Insomma….. / 18 Luglio 2021 in A Classic Horror Story

Nel panorama horror dei giorni nostri ce n’è tanta di robaccia e questo non lo è del tutto.
Ha tanti difetti, ma per essere una produzione italiana è anche troppo ben fatto!
Innanzitutto poteva essere sviluppato meglio invece di scopiazzare idee da Misery, Midsommar, Hostel, The Village, Non Aprite Quella Porta…
A parte questa sorta di “omaggi” la suspence a un certo punto svanisce e il folm diventa lento e noioso. Poi le pessime recitazioni….
Il finale anche se trash, fa riflettere: tutti col cellulare a riprendere la sfigata di turno poi le chat che parlano del film perché la gente “vuole il sangue”.
Si salvano le musiche e la fotografia, inquietanti e azzeccate.
Tutto sommato non è brutto, merita una visione perché vedo e leggo pareri contrastanti… quindi potrebbe piacervi da morire!
Io mi fermo al mediocre.
5/10.

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Furba e riuscita operazione di metacinema / 15 Luglio 2021 in A Classic Horror Story

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

A Classic Horror Story è una furbissima e, secondo me, riuscita operazione metacinematografica che, nel volutamente affollato tessuto di citazioni di genere horror, inserisce con grande calcolo (di Netflix, che finge di darsi la zappa sui piedi) una critica alla fruizione distratta dei contenuti audiovisivi, così come si è sviluppata negli ultimi anni, grazie ai siti peer to peer, prima, e alle sempre più numerose piattaforme di streaming (legale e non).

Nel suo didascalismo, la scena finale post (o intra?) credit rappresenta tutto ciò che una parte del pubblico cinetelevisivo sta diventando: bulimico, insincero, distratto.
La quantità sembra valere più della qualità (del luogo e dei modi in cui si guarda un film, per esempio), tanto che ci si azzarda a valutare apertamente un film o una serie tv e a condividere tale giudizio sulla piazza del web senza neppure aver visto correttamente un contenuto.

Quel che, alla fine del film di De Feo e Strippoli, mi ha fatto sorridere è che sia la stessa Netflix, che ha prodotto e distribuito in esclusiva il lungometraggio, a basare la sua attività sul concetto di quantità.
Nel saggio Streaming Revolution di Esther Covi (Dario Flaccovio Editore, 2020), fra le altre cose, ho letto che il costo dei passi falsi di Netflix (film e serie tv originali) è molto inferiore al costo di un fallimento per una rete tv o per una major. Potenzialmente, sul catalogo Netflix, non ci sono mai “problemi di spazio”. Film e serie tv Netflix possono restare a disposizione del pubblico praticamente per sempre. In pratica, prima o poi, un contenuto troverà il suo pubblico, grande o piccolo che sia.
Cioè, Netflix è disposta a proporre continuamente contenuti che possono essere scartati/valutati negativamente dopo una visione incompleta o distratta (o neppure avvenuta!) perché, per l’azienda, è economicamente conveniente. Il pubblico sembra sempre più assuefatto a questa tendenza, in cui il senso dell’attesa e il grado di attenzione rischiano di essere sempre meno allenati, in favore di… non so bene cosa. Il gusto di dire: “Ho visto tale film, tale serie tv”, per fare parte di un gruppo maggioritario? Per il piacere di smontare in maniera aprioristica il lavoro di qualcuno?

In questo senso, ho trovato altrettanto curioso che, proprio nei giorni precedenti alla pubblicazione di A Classic Horror Story sul catalogo, Netflix abbia iniziato a pubblicizzare La bottega della sceneggiatura, un’iniziativa nata in collaborazione con il prestigioso Premio Solinas e diretta a giovani autrici e autori che vogliono scrivere storie per la tv. Il motto è: “Quella serie era scritta così così? E il finale? Rivedibile? E allora fallo te. Davvero”.
Netflix sa quale “mostro” sta alimentando e ha deciso apertamente di giocare democristianamente su entrambe le sponde, quella dei “cattivi” e quella dei “buoni”.

A Classic Horror Story sembra dirci che il mainstream, in qualche modo, può essere un bel posto dove stare, se si è capaci di attirare l’attenzione.
Per quel che mi riguarda, questo film ci è riuscito: soprattutto, mi ha fatto divertire come non avrei mai creduto.

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