5 Recensioni su

A Bigger Splash

/ 20156.184 voti

Logorroico. / 14 Ottobre 2022 in A Bigger Splash

Paul giunge come elemento di disturbo in una coppia che vive in un paradisiaco equilibrio in un’estate a Pantelleria. Paul è snervante al punto da voler abbandonare il film dieci minuti dopo la sua comparsa. Lui parla, parla, parla e non si sopporta sin dal primo minuto. Se lui era l’elemento che doveva scuotere c’è riuscito ma è anche l’elemento che ha penalizzato il tutto poiché Paul doveva snervare solo loro non il telespettatore.

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Ricchi irritanti / 20 Luglio 2021 in A Bigger Splash

Personaggi non esattamente originali in questo film di Luca Guadagnino: l’ospite invadente e fuori controllo alla ricerca di una rivalsa; la ragazza imbronciata e – naturalmente – seduttrice (ma – com’è ovvio – non veramente cattiva); l’amante devoto e debole. Al centro il motore immobile e muto, Tilda Swinton, per una volta in un ruolo a dimensione umana. In conclusione quella che osserviamo è una galleria di ricchi inutili e in vario grado irritanti, sullo sfondo di una Pantelleria tra squallore e oleografia in cui a tratti si intravede quasi per caso una tragedia più autentica di quella messa qui in scena. Ma l’assenza di riflessione e di uno sguardo mediato fa sì quasi inevitabilmente che il giudizio moralista del regista si possa estendere alla sua stessa opera, irritante e vacua quanto l’oggetto della sua denuncia. A peggiorare le cose, dopo che la vicenda ha raggiunto il climax, il film si prolunga in una coda superflua, in buona parte occupata dalla presenza incongrua di Corrado Guzzanti, calato in un ruolo farsesco di italiano da commedia dell’arte di cui immagino e spero si sarà quasi subito amaramente pentito.

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Un tuffo (non) al cuore. / 9 Settembre 2017 in A Bigger Splash

Un film che pretenda di essere cinema di corpi e che non riesca a conferire sensualità ai suddetti, è un film non riuscito.
Una pellicola, questa, confezionata soprattutto per apparire molto glam. Raramente, però, tale natura glam riesce a trasformarsi in un plus.
Il finale, inoltre – che nella pellicola originale, forse, rappresentava il punto di forza (non ho visto La Piscina ma, a livello puramente potenziale, non faccio fatica ad asserire che la svolta finale possa essere ritenuta quantomeno interessante) – qui rasenta il ridicolo. Ridicolo dovuto soprattutto alla tentata attualizzazione sociale del contesto, inserendo un tema quale quello dei migranti in maniera così forzata in un mondo fino a quel momento altro da non riuscire nemmeno a creare un contrasto in grado di supportare spunti riflessivi.
Un film che manca d’animo.

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Qualcosa di completamente imperfetto / 7 Luglio 2017 in A Bigger Splash

Indubbiamente, questo lavoro di Guadagnino è “qualcosa di completamente diverso” (cit.) rispetto a quello che pare caratterizzare il panorama cinematografico italiano attuale.
Ha pretese estetiche e formali inusuali, ardite e originali e di questo sembra farsene vanto, sfacciatamente, e, sì, con merito. Alcuni movimenti di macchina, fluidi e avvolgenti, e un certo snobismo divertito che caratterizza queste piccole, ma fondamentali scelte e sottolineato dalla presenza di un assortito cast di star internazionali sono atti di coraggio che mi sento di apprezzare e premiare.

Come il peggior cineasta straniero che decide di girare un film in Italia, però, lo stesso Guadagnino non riesce a esimersi dal fornire una rappresentazione stereotipata del Paese, cadendo in becere soluzioni d’accatto. Inizialmente, il tentativo di dipingere un meridione lontano dai cliché sembra riuscito: la Pantelleria di Guadagnino è aspra e violenta in maniera naturale, forte di sé stessa, senza sovra-descrizioni speciose.
Poi, però, compaiono la sagra di paese a cui i foresti non vogliono mancare per vedere il popolo in processione e una domestica siciliana bruna, dai modi spicci e vestita sciattamente (a differenza della rockstar androgina fasciata sempre da opere di design sartoriale) che canta Bella ciao mentre lava il pavimento e ogni speranza (dello spettatore) s’incrina, per crollare sonoramente nella parte finale del film, quella che, anche narrativamente, mostra tutta l’inconsistenza di un progetto che, indeciso tra torrido dramma e thriller, non ha identità.

In particolare, sono due i fattori che concorrono a mandare in malora ogni cosa: la prova attoriale di Corrado Guzzanti e la questione dei migranti.
Con una recitazione imbarazzante e un accento finto-siculo spaventoso, il primo rende (in?)volontariamente grottesca ogni singola sequenza in cui compare, nei panni di un maresciallo dei carabinieri (eccallà) incapace di esprimersi se non in una lingua astratta e balbettante, un servo della gleba genuflesso ai piedi di una star.
La seconda si palesa improvvisamente con la rappresentazione di una specie di gabbia dove persone dalla pelle scura litigano in mezzo alla polvere, monitorati da carabinieri che paiono allo sbando. Il maresciallo Guzzanti, poi, si premura di ricordare che lui dovrebbe/vorrebbe occuparsi delle persone raccolte in mare e non di ricconi che si ammazzano fra loro.
Perché Guadagnino ha sentito la necessità di affrontare (così) la questione? Aveva accennato alla presenza di migranti “non autorizzati” sull’isola in una riuscita scena precedente: l’effetto di quella sequenza è spiazzante, proprio perché la miseria irrompe spavalda e presaga di interrogativi e ambiguità nella dorata vacanza dei protagonisti. Niente, tutto gettato alle ortiche. Anzi, ai capperi.

Splendido Ralph Fiennes, vera rockstar senza compromessi della vicenda, predatoria, insinuante, fastidiosa, carismatica. Con la sua presenza fisica, supplisce a imbarazzanti mancate definizioni in fase di script.
Deficit a cui non riescono a sottrarsi tutti gli altri personaggi. Penelope (Dakota Johnson) su tutti. Cos’è? Una ninfetta? Un’ingenua procace? Non lo sa neanche la Johnson, eppure, ouh, riesce a sostenere bene tale indefinito fantoccio: paradossalmente, a fronte di un personaggio così vacuo, si è dimostrata migliore e più interessante come pseudo-Lolita che come schiava d’amore (Cinquanta sfumature…) o moglie di un gangster (Black Mass).
La Swinton è in bilico fra le due incoerenti metà della stessa donna e il suo personaggio è lo specchio del dualismo indeciso che lacera l’intero film.
Il personaggio di Schoenearts: mah.

Colonna sonora da sturbo, ben applicata alle immagini: ecco, il connubio tra musica e immagini funziona eccome, anche quando l’abbinamento sembra straniante. Vi invito a verificare le tracce che contiene e di bearvene.
Oltre a emozionarmi per la ripetuta presenza degli Stones (anche la morte che compare nel film richiama un tragico episodio legato alla band di Jagger e Richards), ho scoperto un paio di robine che… Su tutte, Jump into the fire di Harry Nilsson.

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bello fino ad un certo punto / 9 Dicembre 2015 in A Bigger Splash

Affascinante e coinvolgente, sembra non raccontarere nulla ma ti prende, ti rendi conto che deve succedere qualche cosa ma non sai cosa e non sai soprattutto quando.
Finale rovinato dall’ingresso del maresciallo Guzzanti, inguardabile e improponibile.
La chiusura potrebbe “riaprire” i giochi ma ormai il danno è fatto e risulta irreparabile!!!

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