Recensione su 5 è il numero perfetto

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5 è il numero perfetto
Regia:

Noir italiano postmoderno / 2 Settembre 2019 in 5 è il numero perfetto

Prima di essere un film, 5 è il numero perfetto è stato un graphic novel, uno tra i più celebrati fumetti italiani degli ultimi 20 anni.
L’autore è lo stesso, il fumettista cagliaritano Igor Tuveri, in arte Igort, attualmente alla guida della storica rivista Linus e della casa editrice Oblomov, qui alla sua prima esperienza come regista cinematografico.

Come (ma diversamente da) il graphic novel, il film di Igort non è solo un esercizio appassionato di stile in cui convergono atmosfere à la Simenon, crepuscolari film di gansgter e antieroi metropolitani come quelli di Kitano Takeshi o Jim Jarmusch (toh, i piccioni di Ghost Dog).
Igort omaggia e reinterpreta con una sensibilità estetica assolutamente personale le molte declinazioni del noir letterario e cinematografico attraverso una storia di sangue e lacrime (napulitane) in cui, come nella miglior tradizione del melodramma, si intrecciano vendetta e redenzione, follia e umanità, in una Napoli oscura e insolitamente deserta, in cui ogni angolo sembra nascondere occhi che, però, mai si mostrano.

Il passaggio dalla bidimensionalità della pagina scritta e disegnata al volume della messinscena cinematografica non è indolore (ed è corretto che sia così). Con un senso invidiabile della composizione scenico/grafica e del racconto, Igort ha saputo costruire un notevole allestimento, scenografico e narrativo, supportato da dialoghi (e monologhi) impeccabili, un reparto tecnico notevole, in cui spiccano la fotografia di Nicolai Brüel (già Nastro d’Argento per Dogman di Garrone), l’apporto digitale della MAD Entertainment e la colonna sonora originale di D-Ross e Startuffo, e un casting artistico molto azzeccato, anche nella composizione delle fila dei comprimari (vedi, Vincenzo Nemolato alias Mister Ics o, più prosaicamente, ‘o mago ru cazz’).

Per tono e presenza scenica, Toni Servillo è l’unico possibile Peppino Lo Cicero, guappo in pensione dalla mano armata infallibile. Pensate a un’alternativa: non vi verrà in mente nessun altro attore italiano capace di vestire con altrettanta efficacia questo ruolo (e quel naso). E, a proposito di presenza e talento, con la sua capacità di stemperare, creare e dissimulare le tensioni, con la sua mimica facciale discreta, ma affilata e puntuale, Carlo Buccirosso è un eccellente Totò ‘o Macellaio.
Nel trio di protagonisti, non spicca, purtroppo, Valeria Golino: la sua Rita è vittima di una caratterizzazione incerta (il che mi ha stupito, viste le capacità di Igort e il lavoro sugli altri personaggi), che si risolve poco felicemente in alcuni frangenti, in particolare nella sua mancata riflessione sulla sparatoria a cui prende materialmente parte (invece presente nel graphic novel… ma non è questo il punto).
Nota a latere: la Madonna di Iaia Forte compare solo nei titoli di testa. Che il suo apporto sia stato tagliato in fase di montaggio?

5 è il numero perfetto è un buon film, da vedere sicuramente al cinema per approfittare della qualità visiva e sonora della messinscena (gli spari, musicali botti secchi; gli scrosci fumettosi dei liquidi, pioggia e sangue). Godetevi sul grande schermo anche i titoli di coda animati.
Certo non è un film privo di qualche incertezza e qualche leggera caduta di ritmo (è pur vero che si tratta di un’opera prima). Ma è un ottimo esempio di noir italiano postmoderno, in cui la citazione e l’elemento grafico ed estetico, pur preponderanti, non soverchiano mai la narrazione, ma, anzi, la arricchiscono di precisi dettagli formali.

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