Non il miglior Bava ma pur sempre un buon film. / 2 Settembre 2017 in 5 bambole per la luna d'agosto

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Mario Bava è uno dei maestri del genere horror ma purtroppo questa volta la sua maestria non è stata sufficiente.
Si notano fin da subito il suo stile, la sua eleganza e la sua cura maniacale nella fotografia(molto raffinata ed elegante) ma la trama, che si rifà palesemente a un capolavoro della letteratura mondiale, “Dieci piccoli indiani” di Agatha Christie, è banale e mortalmente noiosa tanto che il film si trascina fino alla fine senza un emozione e senza un colpo di scena prevedibile e anche il finale è fin troppo scontato, quasi come se il regista avesse avuto fretta di finire.
I personaggi sono tutti poco credibili e la suspense è davvero poca però, come scritto sopra, c’è da dire che nonostante la pochezza della sceneggiatura, Bava dà prova di essere stato uno dei più grandi registi del cinema italiano(i primi cinque minuti sono da annoverare negli annali del cinema).
E poi c’è una scena che è rimasta memorabile, due degli ospiti si prendono a ca**otti per futili motivi al piano superiore facendo cadere dal tavolo alcune biglie di cristallo che, via via , scendono giù per la rampa delle scale per poi finire dritte dritte in un’altra stanza, dentro la vasca da bagno dove c’è il cadavere della moglie di uno dei due litiganti(questa scena fu poi in parte ripresa da Dario Argento in “Suspiria”).
Il film è stato anche fonte d’ispirazione per Quentin Tarantino(una sua scena di Kill Bill è stata copiata da questo film, vale a dire quella nel quale il gestore del club spegne le luci).
In sostanza non è affatto il miglior Bava(“la frusta e il corpo”, “la maschera del demonio” , “i tre volti della paura” e “reazione a catena” sono tutt’altra cosa) ma rimane un prodotto godibile, soprattutto per gli amanti del genere.
Una piccola citazione va alla colonna sonora, meravigliosa.

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