ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama
Al principio della fine, cioè appena terminato, fluttuando in quel frangente post-cinematografico in cui si cerca di comprendere quel che il film ha lasciato sotto pelle e di fare la raccolta delle impressioni seminate durante il percorso (momento in cui se gli altri non mi parlassero preferirei), avevo concluso di aver assistito ad un film fascista. Ignoravo in che termini ma era la prima idea salitami in mente, con bandierina dello scopritore del nuovo mondo da piantare: ”Dichiaro questa terra fascista”.
Quindi mi sono chiesto cosa/quali fossero i film fascisti in memoria, e risposto che forse, più che bersaglio, avevo sbagliato freccia. Il cinema fascista era un pezzo di pane raffermo ma impegolato nel latte e col miele, per lo più senza infamie e senza lode, Blasetti e Camerini; storie e storielle simil-fotoromanzate di amori rosa confetto, di cui si stava attenti che non pregiudicassero la pubblica moralità (ATTENTATO) ma che non chiedevano, né davano coerentemente in cambio, quasi nulla. Cinematografia d’evasione dal quotidiano.
La conclusione è stata che 300 non potesse essere fascista, dunque un film nazista? E qui nulla ho trovato che riuscisse a farmi cambiare opinione.
Il che non vuol dire che fosse un pessimo film, le considerazioni cinematografiche si sono congiunte per forza a quelle ideologiche appostate dietro la superficie. Le scene di battaglia con garganelle di sangue e fiotti e morti, teste che cadono e spade che squarciano al rallenty sono il mio ambiente ideale, ho cercato con cura di vedere tutte le tarantinate possibili, amato la violenza di Natural Born Killers , Mr. Vendetta o Funny Games, non ricordo un film dove la violenza abbia costituito un problema. E a maggior ragione quando è a tal punto stilizzata e padroneggiata, dal computer e da chi sta alla regia, fino a divenire spettacolo in sé che potrebbe benissimo esulare dalla trama. Il difficile è rendere i morti sgozzati o come si preferisca funzionali al racconto. Il nazismo, da buon cultore di un estetismo fine a se stesso, si accontentava volentieri dell’assenza di trama, chiedendo a Leni Riefenstahl di girare film grandiloquenti sulle Olimpiadi del 1936 che documentassero la potenza fisica e (chissà poi perché) intellettuale della razza ariana.
Comunque, per quel che riguarda gli opliti lancia in resta contro i cattivi, nulla di male né di nuovo.
Eppure in 300 erano presenti:
1) fin dall’inizio, una simpaticissima pratica eugenetica, consistente nel buttare via alla nascita gli spartani che non promettessero (così, a naso) abbastanza bene; da gettare su di una collina di ossicine e teschi, tanto per essere sicuri. Detto che è il pezzo più storicamente ancorato di tutti, anche ai nazisti sarebbe tanto piaciuto purificare la razza ed avere tutti dei pettorali finti come questi spartani così amorevolmente selezionati;
2) Leonida, un re (anche se poi a Sparta comandavano tutti tranne lui, che re sei?) sinceramente contento di farsi ammazzare con tutti i suoi: storicamente il suo sacrificio era servito a dare il tempo agli altri greci di organizzarsi, qui è useless, potrebbe andarsene benissimo insieme agli amici Focesi un pugno d’ore prima di essere seppellito di frecce (chiunque abbia fatto il classico ha tradotto: ”Copriremo il cielo di frecce ” e Leonida ” Vorrà dire che combatteremo al buio ”). All’inizio gli arriva un ambasciatore di Serse e, in ossequio alle regole del bon ton diplomatico, lui lo butta in un pozzo nero e fondo con i suoi uomini. Quello non era uno dei re magi ma sempre un ambasciatore, ecchediamine, neanche gli indiani più cattivi nei western contro John Wayne ammazzano l’ambasciatore, equivale a tagliar la gola anche solo al pensiero che se ne potrebbe parlare. Kaputt, stupido ambasciatore che sei venuto qui per discutere. Insomma, noi il patto Molotov-Ribbentropp lo firmiamo, sappiate che tanto non lo rispetteremo;
3) discorso ritrito sui cattivi brutti e i buoni belli, inutile approfondire, dagli Ebrei -Topi in Maus in poi.
Credo ai gerarchi nazisti questo film sarebbe piaciuto un casino, meglio di Süss l’Ebreo, c’è tutto, piacevole distillato di disprezzo per le diversità, etnocentrismo cieco e sordo, delirio di onnipotenza, tocchi qua e là di virilismo stupido e una manciata di sentimento per lasciare il tempo di riprendere il fiato, che tanto abbiamo un pubblico molto piccolo e molto borghese e male fa.
Apprezzate le scene delle battaglie, ma ormai ne escono a ripetizione di film con scene pressapoco identiche, senza per questo che tutti si sentano in dovere di sottolineare come noi siamo la luce e tutto ciò che è “altro” le forze del male. In più Serse era una comica, un travestito piercingato e ossessionato dal fatto che tutti gli si inginocchiassero davanti, ma, mentre con l’Alessandro Magno tramandato dalla storiografia la cosa aveva un senso e una tradizione, diventando una classicissima proskinesis, qui sembrava piuttosto che chiedesse a ripetizione di fargli un pompino (non per essere volgari, era davvero così).
Il fumetto (su cui non ho giudizio dato che non l’ho letto) da cui è stato tratto il film è del 1998, per questo (e perché comunque non l’ho notata) salto l’analogia tra Spartani e Usa come difensori del mondo, i Persiani che sarebbero gli Arabi Uniti invasori e gli altri greci (a un certo punto si dice che, se non si sono inginocchiati a Serse quelle checche degli ateniesi, figuriamoci noi di Sparta, tzè), noi spauriti europei. Sin City usava la violenza per incidere ( e lasciare a soffrire sullo schermo) personaggi fumettistici, sì, ma problematici, a volte addirittura simpatici; cosa qui del tutto irrintracciabile, neanche per sbaglio ne è uscito uno non dico simpatico ma almeno umano. Anzi, a Sparta era probabilmente vietato. Il traditore è orripilante ed è proprio questo che lo fa tradire, Cesare Lombroso fa la ola nella tomba. Tutto è bianco o nero e già se qualcuno dicesse grigio verrebbe catapultato nel pozzo.
Il fatto che ci sia gente a cui un film del genere possa piacere, con o senza la consapevolezza del sostrato ideologico soggiacente, volontario o involontario che sia, lo ritengo un problema. Preferisco poter credere a un mondo (e ad un cinema, che per me è lo stesso) colorato, anche e non solo in superficie.
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