Becoming Mildred / 18 Settembre 2013 in Tre donne

Un Altman trasognato e feroce, stavolta senza ironia di scorta.
La storia ruota sullo strano rapporto tra Millie, frivola logorroica che nessuno ascolta, e Pinky, ragazza di campagna vagamente inquietante e decisamente problematica.
La Spacek sembra ancora fresca del sangue di Carrie, e nella sequenza della preparazione di un (terrificante!) buffet anni ’70 le esplode il pomodoro sul vestito come in una specie di ironico tributo al film di De Palma.
La terza donna (da cui il titolo) è una misteriosa e silenziosa artista decorativa, incinta. Pare che Altman l’abbia aggiunta così, perchè gli suonava meglio Three Women che Two Women! Sì, perchè è bene sapere che questo film non ha uno script, che il vecchio Bob l’aveva presentato alla Fox come il frutto di un suo lungo incubo.
Quello che ci propone il regista è sempre un mondo sordo, cinico, irritante nella sua inalterabile freddezza. Ma qui risulta perfino peggiore dell’ottusa e insensibile Nashville.
Ci sono in questo film piani sequenza memorabili. La visita dei due spaesatissimi vecchi genitori alla figlia in coma, la clinica che ricorda quella della Montagna Incantata di Thomas Mann; la lunga sequenza onirica in una amalgama di identità, con l’arte mostruosa della third woman e la rimbombante musica di sottofondo.
Un mondo gretto e sonnambulo, in dormiveglia, come immerso in un acquario (alcune inquadrature “galleggiano” tra l’aria e l’acqua) dove dominano una femminilità frigida e instabile e una mascolinità ridicola, ubriaca, fedifraga.
Un lungo, doloroso, travaglio che si conclude nel gelo della morte. So cold.
Shelley Duvall e Sissy Spacek sono straordinarie.
Scenografie fantastiche, a partire da Dodge City, un set da film western con dietro un campo da motocross e un tiro a segno, e le piscine con i mostruosi decori sul fondo.

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